Sul fronte delle epidemie c’è una buona notizia e una cattiva notizia. Cominciamo con la buona notizia: nonostante qualche titolo allarmista, al momento il virus West Nile costituisce motivo di attenzione, non di allarme. La cattiva notizia è che se ne parla di più per colpa della crisi climatica che rende la vita più facile alle zanzare e ai virus e meno agli esseri umani che pure insistono nell’aggravarla bruciando combustibili fossili. Dunque la situazione è destinata a peggiorare. Nel 2024 sono stati segnalati 460 casi (molti casi sono asintomatici e non segnalati) con 20 morti e il trend delle malattie trasmesse dalle zanzare, come dengue e chikungunya, è in crescita.
“Sono 10 i casi confermati di infezione da West Nile virus nell’uomo in Italia dall’inizio dell’anno”, ricorda Giuseppe Ippolito, ex direttore scientifico dell’ospedale romano Spallanzani. centro di eccellenza specializzato nelle malattie infettive. “Sette di questi casi, compreso quello che si è concluso con la morte di una delle persone affette dal virus, sono stati segnalati dalla Regione Lazio, tutti nella provincia di Latina. Per ora siamo nella media: questa malattia è endemica in Italia e ha un tasso di mortalità più basso di quello che è apparso su vari giornali, siamo attorno all’1%”.
Il virus non viaggia libero nell’aria e quindi non si può trasmettere con uno starnuto. Le zanzare sono il taxi del West Nile e per le zanzare è una stagione meravigliosa. Il caldo è più intenso, più lungo e guadagna spazio. Le zanzare con lui. Il report della Lancet One Health Commission appena uscito sottolinea come la crisi climatica rappresenti una “tripla crisi planetaria” che sta minando gli ecosistemi, aggravando le disuguaglianze e aumentando i rischi sanitari globali. L’aumento delle temperature, specifica il rapporto, intensifica la diffusione di agenti patogeni, prolunga il ciclo vitale di vettori come zanzare e zecche, amplifica la resistenza antimicrobica attraverso inondazioni e contaminazioni ambientali.
“Il virus del Nilo Occidentale, il WNV, è un flavivirus neurotropo, cioè tende a localizzarsi nel tessuto nervoso”, continua Ippolito. “Ed è fonte di preoccupazione a causa del notevole aumento dei casi in Italia negli ultimi anni. Lo trasmettono le zanzare del genere Culex (Culex pipiens), non le zanzare tigre, e si mantiene principalmente attraverso un ciclo vitale che coinvolge gli uccelli, con esseri umani e cavalli come ospiti incidentali”.
C’è dunque un doppio registro del virus: uno segnala i casi umani, l’altro i casi tra gli animali. Dal punto di vista veterinario, nel 2025 sono stati segnalati in Europa 2 focolai di virus del Nilo occidentale tra gli equidi e 3 focolai tra gli uccelli. Siamo all’inizio perché nelle regioni temperate come l’Europa la trasmissione del WNV avviene in genere da metà giugno a metà novembre, quando l’attività delle zanzare è più elevata.
“L’assenza di segnalazioni di infezioni umane da virus del Nilo occidentale in Europa al 2 luglio 2025, insieme a un numero notevolmente inferiore di focolai in uccelli ed equidi rispetto al 2024, suggerisce un livello ridotto di circolazione virale nell’ambiente durante la stagione di trasmissione iniziale del 2025”, aggiunge Ippolito. “Ma si prevedono casi umani nelle prossime settimane e non ci stiamo attrezzando al meglio. Per tracciare la circolazione del virus del Nilo Occidentale, è fondamentale disporre di metodi diagnostici e sistemi di sorveglianza tempestivi e appropriati per l’uomo e gli animali. Non è quello che stiamo facendo. Sappiamo che la situazione è destinata a peggiorare: dobbiamo intervenire con la prevenzione e la disinfestazione. Siamo in ritardo”.
Un ritardo sanitario che è figlio di una scelta politica: sottovalutare la crisi climatica per dare spazio all’onda populista. Ma le zanzare non leggono i sondaggi.