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Lavoro

Ma i computer odiano le donne davvero?

10.08.2023

I dati di McKynsey parlano di una potenziale perdita di quasi 6 milioni di posti di lavoro occupati dal genere femminile. Algoritmi sessisti, scartano le donne e mettono fuorigioco giovani e anziani.

Chissà se ci sarà in MeToo anche tra le intelligenze artificiali. Perché la preoccupazione che i computer ci rubino il lavoro ha portato alla scoperta che perfino gli algoritmi sono sessisti e rischiano di lasciare disoccupato il genere femminile. La notizia arriva da una ricerca di McKynsey, la società internazionale di consulenza manageriale, secondo la quale le donne hanno appunto il 50 per cento di probabilità in più rispetto agli uomini di perdere il lavoro, una volta che le macchine si metteranno al posto nostro. E questo neanche in un mondo tanto lontano, visto che già nel 2030 ci saranno milioni di ruoli nelle industrie che verranno cancellati da un robot o da un semplice bot.

Ma perché le donne rischiano di più?

Semplice: perché l’intelligenza artificiale si insedierà in una realtà già sessista di suo, visto che il motivo principale di questa deriva è il fatto che gli uomini guadagnano maggiormente e hanno – in percentuale – posti più di rappresentanza in settori che resteranno immuni al cambiamento, come quelli manageriali, della sanità e della professione legale. Solo negli Stati Uniti, secondo McKynsey, circa 12 milioni di posti di lavoro saranno sostituiti dai cervelli pieni di microchip, e di questa rivoluzione saranno interessate maggiormente le persone con basso salario. Che saranno rimpiazzate, come già sta avvenendo (provate, per esempio, a chiudere aiuto su un sito di una banca) dai chatbot, in lavori storicamente e fortemente femminili come quelli di assistenza ai clienti e di segretaria.

Insomma, i computer odiano le donne, ma non è colpa loro. I dati di McKynsey parlano di una potenziale perdita di quasi 6 milioni di posti di lavoro in questi ultimi settori e la conclusione è che «il personale che svolge mansioni che prevedono uno stipendio più basso ha fino a 14 volte più probabilità di dover cambiare occupazione rispetto a quello che occupa posizioni a più alto salario. E la maggior parte di essi avrà bisogno di competenze aggiuntive per farlo con successo». Ciò vuol dire anche che, oltre alle donne, pure chi non ha un titolo di studio universitario, i lavoratori più giovani e quelli più anziani rischiano di perdere il lavoro. Ma il genere femminile continuerà comunque ad essere il più penalizzato, e la tecnologia potrebbe fare ancor più danno del previsto, visto che l’istituto ha rialzato i suoi calcoli al rialzo di un quarto rispetto a tre anni fa, data la veloce accelerazione nel campo dell’intelligenza artificiale.

Resta insomma da capire, se ci sia speranza di riequilibrare il divario. Ma poi basta prendere i dati della “Mappa dell’Intolleranza” prodotta quest’anno da Vox – Osservatorio Italiano sui Diritti, per capire che in testa alle categorie più bullizzate online nel 2022 ci sono infatti le donne (43,21%), seguite da persone disabili (33,95%), persone omosessuali (8,78%), migranti (7,33%), ebrei (6,58%) e islamici (0,15%).

E allora, è vero: i computer probabilmente odiano le donne. Però gli algoritmi siamo noi.

 

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