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Anni del sapore italiano

30.12.2023

«Cucina italiana significa promuovere qualità della vita e del vivere italiano». Dalla candidatura Unesco al primo divieto mondiale del cibo sintetico, al record storico ottenuto dall’export agroalimentare made in Italy: 64 miliardi pari al 10% del totale, dati destinati a raddoppiare, secondo The European House Ambrosetti.

Il 2023 è stato un anno miliare per il cibo italiano, sia dal punto di vista culturale e politico, sia da quello, più “cinico”, ma più concreto, dei numeri. Dopo appena tre mesi, il 23 marzo, il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, e il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano lanciano la candidatura della Cucina italiana a patrimonio immateriale dell’Umanità.

«Cucina italiana significa promuovere l’idea di qualità della vita e del vivere italiano che è fatto di arte, di cultura, di paesaggi, di monumenti ma anche di esperienze come quelle delle eccellenze alimentari» aveva detto Lollobrigida in occasione della presentazione.

La decisione del comitato Unesco è attesa per il 2025 e, nell’attesa, il governo Meloni ha intrapreso altre iniziative per la tutela e valorizzazione del settore primario. Nella prima settimana di aprile, è stato presentato in Senato il ddl S. 651, “Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati nonché di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali”. In parole più semplici, il ministro Lollobrigida e il collega alla Salute Orazio Schillaci proposero al Parlamento di vietare gli alimenti sintetici e il cosiddetto “meat sounding” (“bistecca di soia”, “hamburgher di spinaci” etc.). E, Senato prima, Camera poi, i parlamentari hanno approvato: dal 1° dicembre, data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, l’Italia è diventata il primo Paese al mondo ad avere una legge specifica su questi due temi.

Quest’onda di rinnovato entusiasmo per la tutela e la valorizzazione del cibo italiano ha sicuramente contribuito al record storico ottenuto dall’export agroalimentare Made in Italy. Nel 2023 ha raggiunto il valore massimo di sempre, a 64 miliardi, con una crescita del 6% rispetto allo scorso anno, secondo quanto riferiscono le proiezioni Coldiretti dei dati Istat.

Il principale mercato di destinazione dei prodotti agroalimentari italiani è l’Unione Europea che assorbe circa 2/3 delle esportazioni, ma ben 1/3 è con Germania, Francia e Stati Uniti, che si classificano come i partner di maggior rilievo. Un record trainato da un’agricoltura italiana che è la più green d’Europa con la leadership UE nel biologico con 80 mila operatori, il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (325), 526 vini Dop/Igp e 5.547 prodotti alimentari tradizionali. L’export della cosiddetta “Dop economy” da solo vale 11,6 miliardi, di cui 7 di vino.

E questi dati possono ancora migliorare, secondo The European House Ambrosetti addirittura raddoppiare: nel 2022 (ultimo dato disponibile) il giro d’affari complessivo dell’Italian sounding (l’utilizzo di denominazioni, riferimenti geografici, etc. che evocano l’Italia su etichette e confezioni di prodotti agroalimentari non italiani) nel mondo è stato pari a 91 miliardi di euro, di cui 60 riguardano direttamente i consumatori stranieri, che realmente desiderano acquistare prodotti made in Italy, ma sono ingannati da queste azioni di marketing.
Il think tank propone un percorso di investimenti tra pubblico e privato che permetta alle nostre imprese di soddisfare la voglia di made in Italy nel mondo e riconquistare quei 60 miliardi di euro spesi da consumatori esteri “imbrogliati”. Un altro suggerimento per le prossime azioni di governo è arrivato, su questo giornale, dal fondatore di Eataly Oscar Farinetti, che propone di introdurre l’educazione alimentare come materia obbligatoria nelle scuole: «Perché chi sa cosa mangia, mangia meglio e lo insegna anche a chi ha vicino». E cosa c’è di meglio della nostra Cucina italiana?

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