09.04.2024
Business, Cronaca, Scienza e tecnologia
Le Big Tech governano il mondo, allerta politica
Governi intenzionati a intervenire per garantire che le ragioni del business non possano più scontrarsi con quelle della sicurezza. Apple è nel mirino dell’Antitrust. Fine dell’anarchia per le Big Tech. Per qualcuno “vanno smembrate prima che sia troppo tardi”.
Sarà lunga la causa che l’Antitrust e 15 Stati americani hanno intentato ad Apple per monopolio sull’iPhone. Questo è il primo punto. Il secondo, comunque, è che Cupertino diventerà il simbolo di quanto sta accadendo nel mondo della tecnologia, le cui aziende Big sono state lasciate prosperare negli anni fino a diventare troppo grandi, e troppo potenti. La politica insomma rientra in campo, i governi si riprendono il comando in questo momento oscuro dell’umanità, nel quale le ragioni del business si scontrano con quelle della sicurezza.
Già qualche anno fa il giornalista americano Scott Gallagher, nel suo libro “The Four”, aveva lanciato un monito analizzando il successo senza freni di Apple, Google, Amazon e Facebook: «Rappresentano tutto quello che una persona può desiderare: il lusso, l’onniscienza, l’acquisto sfrenato, l’amicizia. E per questo ci hanno conquistato a forza di inglobare altre aziende più piccole. Dovrebbero essere smembrate prima che sia troppo tardi, per riportare il loro potere su di noi a livelli più equi». Un allarme che trova oggi risposta, sia appunto dall’ente regolatore della concorrenza negli USA che dall’Unione Europea, già in vantaggio con le norme del Gdpr e del recente Digital Markets Act.
Ma qual è il problema? E soprattutto: quali saranno le conseguenze? Colpire l’iPhone, vuol dire colpire l’oggetto culto del mercato hitech, impedendo che un’azienda come Apple, grande e ormai forte come una nazione intera, possa ulteriormente crescere nel suo isolamento. Perché nel mirino c’è il sistema chiuso della Mela, quello che, Steve Jobs prima e Tim Cook poi, hanno sempre difeso a spada tratta, in nome della privacy dei propri utenti. Tutto vero, fino a quando anche Apple ha cominciato a mostrare qualche falla nei suoi sistemi, che hanno progressivamente aperto qualche varco di troppo agli attacchi informatici. E poi c’era la quasi impossibilità di passare da iOS ad Android, pena non riuscire a portare i propri dati sul nuovo dispositivo. Un muro che Apple ha aperto recentemente (e aveva promesso di farlo ancor di più), ma che per i legislatori è ancora troppo impenetrabile.
E allora: da un iPhone non si può mandare un messaggio criptato via iMessage a un utente Android. Non si può neppure abbonarsi a una piattaforma di videogame che non sia Arcade, né pagare con un servizio che non sia Apple Pay. E poi c’è la commissione che l’azienda chiede agli sviluppatori per entrare nello store, che per gli enti regolatori è più un club privato che un vero e proprio negozio aperto a tutti. Apple ovviamente reagisce con fermezza: «Questo è un pericoloso precedente», anche perché la posta in palio è davvero alta. L’iPhone continua ad essere lo smartphone più venduto al mondo, ma ormai non è più “wow”. Tim Cook ha puntato in questi anni a macinare miliardi grazie ai suoi servizi, ma giocava in casa e senza avversari con cui confrontarsi. Se davvero, come sarà, quella porta dovrà essere spalancata, il rischio è che un pezzo dell’impero finisca per sgretolarsi. E Apple potrebbe non essere più Apple.