02.06.2024
La liberà di espressione nel mondo va di male in peggio. Preoccupa il numero dei cittadini che non possono dissentire per il timore di punizioni, e dei media fortemente censurati o attaccati. In Italia? La libertà di stampa declassata: dal 41° posto nel 2023 al 46° nel 2024.
La libertà di espressione nel mondo è sotto pressione: a sottolinearlo è il rapporto annuale Global Expression Report, che ha rilevato che metà della popolazione mondiale non può esprimere liberamente la propria opinione. In particolare, il dato relativo alle persone che affrontano una “crisi” nella libertà di parola e di informazione è salito al 53% nel 2023 rispetto al 34% dell’anno precedente. E, per capire più a fondo quanto il dato sia preoccupante, il rapporto stesso definisce una “crisi” quando la libertà di espressione e di informazione raggiunge i livelli peggiori, con cittadini incapaci di esprimersi liberamente o di dissentire senza timore di punizioni, con i media fortemente censurati e spesso attaccati.
Dando un’occhiata più generale a livello globale, emerge che il deterioramento di questa libertà fondamentale è particolarmente evidente in alcuni Paesi, come l’India ed Etiopia, classificate come in stato critico, e Burkina Faso, Senegal e Mongolia che hanno visto un peggioramento nel corso degli ultimi 12 mesi.
Ma che cosa succede nel nostro Paese? Parlando strettamente di “libertà di espressione”, in senso ampio, nulla da recriminare: la nostra democrazia funziona, e funziona bene. Se però ci spostiamo sull’aspetto della libertà di stampa, qualche piccola criticità emerge. In particolare, secondo la classifica di Report senza frontiere, pubblicato a inizio maggio, la libertà di stampa in Italia è in calo: il Bel Paese ha infatti perso 5 posizioni nella classifica mondiale sulla libertà di stampa, scendendo dal 41° posto nel 2023 al 46° nel 2024. E i fattori che incidono su questa retrocessione sono molteplici, non attribuibili, per così dire, a una sola matrice, dalla mafia – si legge infatti che «la libertà di stampa in Italia continua ad essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, soprattutto nel sud del Paese» – ai piccoli gruppi estremisti violenti.
La politica incide? Secondo il report, e citando testualmente, «la maggior parte dei giornalisti italiani gode di un clima di libertà, ma a volte cedono all’autocensura, sia per conformarsi alla linea editoriale della loro testata giornalistica, sia per evitare una causa per diffamazione o altre forme di azione legale». Insomma, niente di nuovo su questo fronte, soprattutto per chi è del mestiere.
Un aspetto un po’ più critico e delicato riguarda invece la paralisi legislativa che sembra rallentare l’adozione di leggi volte a preservare e migliorare la libertà giornalistica, come la cosiddetta “legge bavaglio” e le numerose cause SPLAPP – Strategic Lawsuits Against Public Partecipation – che sembrano intimidire chi si occupa di questioni di pubblico interesse.
Ma una cosa è certa: non bisogna mai smettere di combattere per proteggere il diritto alla libera espressione e per contrastare le minacce alla libertà di stampa, non solo in Italia, ma ovunque. Perché, come scrisse Tacito, “tempi felici sono quelli in cui è lecito pensare ciò che si vuole ed esprimere ciò che si pensa”.