17.07.2024
“I can’t breathe, I can’t breathe”. Dopo 10 anni, tuonano ancora le ultime parole emblematiche pronunciate da Eric Garner prima di morire soffocato da una stretta al collo da parte della polizia di New York. L’accaduto sconvolse il mondo, diventando slogan delle proteste organizzate dal movimento “Black Lives Matter” contro la polizia violenta.
«I can’t breathe, I can’t breathe», non respiro, non respiro, ripetuto per ben undici volte. Sono le ultime parole pronunciate da Eric Garner, afroamericano di 43 anni ucciso a Staten Island (municipalità di New York) da una stretta al collo da parte della polizia di New York. Era il 17 luglio del 2014 quando fu scaraventato a terra dopo aver resistito ad un tentativo di arresto perché sorpreso a vendere illegalmente sigarette. Garner morì soffocato dopo aver implorato che non riusciva respirare. La sua morte è stata ripresa in diretta da un video. Quelle immagini hanno scioccato non solo gli Stati Uniti ma il mondo intero. Furono la testimonianza di dove può arrivare l’uso eccessivo della forza da parte dei poliziotti.
La frase «I can’t breathe» divenne lo slogan delle proteste organizzate dal movimento “Black Lives Matter” contro la polizia violenta. L’elenco delle vittime è lungo e l’uso della forza eccessiva è iniziato ben prima la morte di Garner. Nel febbraio del 2012 il diciassettenne Trayvon Martin viene ucciso dalla guardia di sicurezza George Michael Zimmerman. Gli sparò contro per sospetta attività criminale, ma non era in possesso di armi, mentre attendeva l’arrivo della polizia. Zimmerman fu arrestato ma l’anno dopo fu assolto. Nel 2014 è la volta di Michael Brown, appena diciottenne. Fu ucciso dalla polizia a Ferguson, un sobborgo di Saint Louis in Missouri. Era sospettato di furto tuttavia anche disarmato. L’episodio portò a disordini e atti di vandalismo a Ferguson. Nello stesso anno la morte arriva per un altro minorenne, Laquan McDonald, 17 anni. Viene ucciso a Chicago dopo che un agente gli sparò contro 17 colpi. McDonald aveva un coltello e il poliziotto sostenne che si sentiva minacciato. Anche in questo caso la morte venne ripresa da una telecamera. Nel 2020 un altro episodio scioccante, l’omicidio di George Floyd a Minneapolis in Minnesota. L’afroamericano perse conoscenza dopo che un agente tenne premuto per quasi nove minuti il suo ginocchio sul collo nel tentativo di arrestarlo. Fu dichiarato morto in ospedale. L’arresto fu ripreso con la telecamera di uno smartphone. Le immagini scatenarono ira in tutto il mondo e gli Usa furono di nuovo alle prese con le manifestazioni contro l’abuso di potere da parte della polizia.
Secondo un’analisi del Washington Post, in media negli Stati Uniti la polizia spara e uccide oltre mille persone all’anno. I dati rivelano che si fa fuoco in modo sproporzionato contro gli afroamericani. Essi rappresentano il 14% della popolazione, tuttavia vengono uccisi a oltre il doppio della media per i bianchi. La maggior parte delle vittime sono giovani e di età compresa tra I 20 ed I 40 anni. Nel 95% dei casi sono di sesso maschile.