14 Marzo 2025
/ 13.03.2025

Terre rare, Trump e Ucraina: la realtà nascosta. Parla Nicola Armaroli (CNR)

terre rare

Spoiler: le terre rare non sono rare e in Ucraina non si stanno decidendo le sorti di una pace tra Stati ma del futuro del mercato strategico delle materie prime.

Nicola Armaroli, chimico, è Dirigente di Ricerca presso il CNR e uno degli scienziati italiani più citati nella letteratura internazionale. Specializzato in fotochimica, fotofisica e transizione energetica, ha all’attivo oltre 250 pubblicazioni scientifiche e numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Letterario Galileo per la divulgazione scientifica. Dal 2014 è direttore di Sapere, storica rivista di scienza. Abbiamo parlato con lui di terre rare per capire quale è il motivo per cui è diventato un argomento che sta animando la cronaca legata al conflitto Russia-Ucraina.

Cominciamo dalle basi: cosa sono le terre rare e perché vengono chiamate così?

Nicola Armaroli: “Il nome terre rare risale ai primi dell’Ottocento, quando si cominciò a scoprire questi elementi chimici. Si tratta di un gruppo di 17 metalli della tavola periodica: i lantanidi, più scandio e ittrio che vengono inclusi perché si trovano tipicamente negli stessi giacimenti e hanno proprietà chimico-fisiche simili. Furono chiamate così perché vengono estratte da ossidi che all’aspetto si presentano come il terriccio. Inoltre, a quell’epoca, era estremamente difficile trovarle e separarle tra loro. Individuarle tutte richiese oltre un secolo di lavoro.

Nonostante il nome, oggi sappiamo che questi metalli non sono particolarmente rari. Anzi, la loro presenza sulla crosta terrestre è spesso superiore a quella di metalli considerati comuni, come piombo e argento, e comunque migliaia di volte maggiore rispetto a elementi davvero rari, come l’oro e il platino. Sono però relativamente pochi i giacimenti in cui si trovano a concentrazioni così elevate da permetterne lo sfruttamento in modo conveniente”.

Non saranno così rare, ma sono considerate altamente strategiche: comunemente se ne parla soprattutto in relazione alle batterie e ai pannelli fotovoltaici. Qual è il collegamento?

NA: “Nelle batterie agli ioni di litio – che oggi dominano nel mercato delle auto 100% elettriche – e nei pannelli fotovoltaici, non ci sono terre rare. Le possiamo invece trovare in diverse batterie di veicoli ibridi. Nel settore auto si usano anche per altri scopi, ad esempio nell’industria petrolifera, dove il lantanio è utilizzato come catalizzatore nei processi di raffinazione, che trasformano il greggio in carburanti come benzina e gasolio. 

Bisogna fare chiarezza e smettere di diffondere allarmismi infondati. Le terre rare sono importanti, ma non sono così rare né così legate a ogni aspetto della transizione ecologica. Dobbiamo concentrarci su un approccio tecnico alle materie prime, senza messaggi semplificati e fuorvianti”.

Ma sono da considerarsi veramente preziose?

NA: “Le terre rare hanno proprietà ottiche e magnetiche uniche. Ad esempio, neodimio, disprosio, e praseodimio sono fondamentali per i magneti permanenti ad alta efficienza, usati nelle turbine eoliche e in alcuni motori elettrici. Altri sono utilizzati in ottica, per laser di precisione, o nell’elettronica di consumo: uno smartphone contiene mediamente almeno otto terre rare tra schermo, circuiti, sistemi acustici e di vibrazione.

E non finisce qui. Questi magneti sono usati nei sistemi di telecomunicazione, anche in campo militare. Inoltre, alcune terre rare permettono di realizzare leghe speciali resistenti a temperature e condizioni estreme, essenziali per il settore aerospaziale e missilistico”.

L’interesse degli Stati più evoluti tecnologicamente allora è indubbio.

NA: “Certo. L’Unione Europea ha stilato un elenco di materiali ‘critici’, ossia elementi essenziali per l’economia europea, ma caratterizzati da un alto rischio di approvvigionamento a causa della loro dipendenza da pochi fornitori globali.

All’interno di questa lista, esiste un sottoinsieme di materiali ‘strategici’. Questi sono ritenuti indispensabili per la difesa, la transizione digitale e la transizione verde. Tra questi, un ruolo particolare è occupato dalle terre rare pesanti, considerate strategiche perché utilizzate in applicazioni ad alta tecnologia, tra cui dispositivi militari avanzati.

Spesso i media usano il termine ‘terre rare’ a sproposito, generalizzando e generando confusione. Ad esempio, si è parlato molto della loro presunta presenza in Ucraina”.

Presunta? Trump vuole siglare gli accordi di pace proprio sul tema delle terre rare…

NA: “Trump o i suoi collaboratori dovrebbero consultare i dati ufficiali del Servizio Geologico degli Stati Uniti che non elencano l’Ucraina tra i principali detentori di terre rare. Alcune fonti ucraine hanno dichiarato il contrario, ma finora mancano conferme affidabili. L’Ucraina è ricca di titanio, usato in ambito aerospaziale, e grafite, che ha un ruolo chiave nelle batterie agli ioni di litio. Tuttavia, le terre rare non sembrano essere un punto di forza del Paese. La geopolitica delle risorse è però un tema centrale: la guerra in Ucraina è anche, indirettamente, una guerra per le risorse naturali”.

Dobbiamo guardare più dall’alto la situazione?

NA: “Questi accordi non riguardano solo la pace in Ucraina, ma anche il controllo delle risorse. L’interesse principale è verso la Russia stessa, uno dei più grandi forzieri del mondo per materie prime minerarie e agricole. Se la Cina, che già domina la produzione e la raffinazione di diversi minerali e metalli critici, stringesse un’alleanza ancora più stretta con Mosca, gli Stati Uniti e l’Europa si troverebbero in una posizione di forte svantaggio.

Questo è il vero snodo dello scontro geopolitico in corso: da un lato Stati Uniti ed Europa, dall’altro il rischio di un asse Russia-Cina capace di controllare risorse strategiche fondamentali. Se questa alleanza si consolidasse, l’intero Occidente potrebbe trovarsi isolato e in difficoltà nel garantire il proprio approvvigionamento di materie prime critiche per l’industria, la tecnologia e la difesa. Già oggi ma ancor più in futuro, la vera partita si giocherà sempre più su chi ha il controllo delle risorse.

Lo scrissi già nel 2022 in un mio editoriale. Questa guerra è innanzitutto una guerra per le risorse”.

Quindi o facciamo un accordo con Putin o ci buttano fuori dal mercato strategico globale?

NA: “Volenti o nolenti, la realtà è che chiunque voglia entrare nella partita globale delle materie prime deve confrontarsi con Mosca. Non possiamo ignorare il peso della Russia, anche se Putin non ci piace. Del resto, da decenni ci facciamo piacere leader tutt’altro che pacifici e democratici quando si tratta di approvvigionamento di energia e materie prime. Il problema dell’Occidente, e dell’Europa in particolare, è che abbiamo poche risorse, senza contare che quelle che abbiamo spesso non vogliamo estrarle, per ragioni ambientali e sociali. Nel frattempo, Paesi come Canada, Russia e Australia, che hanno territori immensi e scarsamente popolati, dominano il settore.

Quando eravamo i più ricchi, potevamo permetterci il lusso di approvvigionarci di risorse altrove, a cominciare dalle colonie. Oggi il mondo è radicalmente cambiato e l’Europa deve prenderne atto.”

Qui sembra che la vera cosa rara sia un’iniziativa europea per dare alla conversione ecologica tecnologie e strumenti che superino queste difficoltà. Che ne pensa?

NA: “La maggior parte delle tecnologie per la conversione ecologica delle nostre economie sono già disponibili. Sta a noi decidere se vogliamo impiegarle, definendo un quadro regolatorio e finanziario per sostenere questa rivoluzione economica e industriale. Per quanto riguarda le materie prime, è cruciale che l’Europa si faccia trovare pronta per realizzare le filiere del riciclo. Perché le materie prime minerali hanno una caratteristica formidabile: si estraggono una sola volta, poi possono essere riciclate. Al contrario di quello che facciamo, ad esempio, con petrolio e gas, che dobbiamo continuare a estrarre ininterrottamente e ci rendono schiavi per sempre”.

Abbiamo quindi capito che il discorso sulle terre rare non può essere ridotto agli allarmismi da clickbait. Bisogna fare chiarezza e allargare lo sguardo alla situazione geopolitica globale. Anche per questo Nicola Armaroli ha organizzato con la Società Europea di Chimica un workshop il prossimo 14 maggio, presso il Parlamento Europeo, al quale parteciperà come Chair MEP l’italiana Annalisa Corrado.

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