5 Febbraio 2025
Milano, 3°

Sostenibilità

UltimaBozza cambia, mettiamo l’ambiente al centro

UltimaBozza mantiene la sua coerenza. Dunque cambia. L’idea dell’odore di inchiostro che saliva dalle bozze conteneva già il senso della provvisorietà dell’informazione, l’anticipazione del cambiamento atteso per il giorno dopo.Il web ha accelerato i tempi offrendo la realtà in presa diretta, anche se con filtri non sempre chiari. Ora si registra un’altra novità: l’ansia che nasce dall’accelerazione del cambiamento di cui l’evoluzione dell’informazione è parte.

I dieci Paperoni del pianeta possiedono una ricchezza combinata che si avvicina al Pil dell’Italia. Controllano meccanismi di comunicazione che cambiano gli equilibri politici di interi Paesi. Mettono in crisi le democrazie rappresentative che hanno assicurato all’Europa una finestra di pace durata più di mezzo secolo. Dedicano più attenzione alla conquista di Marte che ai nostri oceani malati.

D’altra parte l’accelerazione tecnologica che sta producendo questi enormi squilibri di ricchezza ha anche raddoppiato la lunghezza della vita, ha dotato le nostre case dell’energia equivalente a quella prodotta da decine di schiavi che lavorano h24, ha concentrato in un telefono prestazioni che richiedevano macchine grandi come un palazzo.

Il problema dunque non è la tecnologia ma il suo uso. Qual è il criterio a cui ancorarsi per dare una direzione sicura all’uso di strumenti sempre più potenti? C’è un punto di riferimento che non può essere messo in discussione: le nostre esigenze biologiche. Per sopravvivere abbiamo bisogno di aria e acqua pulite, di un clima stabile, di ecosistemi in buona salute. Cioè di scelte che mettano la difesa dell’ambiente al centro di politiche di tutela.

Ma la tutela non basta. Finché l’ambiente continuerà a essere percepito come un freno, una limitazione, una rinuncia resterà marginale, la prima voce da sacrificare a ogni taglio di bilancio. Quello che fa la differenza è mettere l’ambiente al centro di un nuovo sviluppo economico e di un sistema capace di redistribuire ricchezza e capacità decisionale in modo più equo (ad esempio comunità energetiche basate sulle rinnovabili con vantaggi economici distribuiti sul territorio al posto di megacentrali governate da oligarchie). Allora sì che la partita cambia. Anche dal punto di vista politico.

Questa è dunque la scommessa della nuova stagione di UltimaBozza, il mondo che cambia. Da oggi proveremo a interpretare quello che accade attorno a noi mettendo in evidenza la chiave di lettura ambientale. La sostenibilità non come spezia opzionale in un menu già pronto, ma come filo conduttore che ci aiuta a collegare fatti che possono apparire lontani o contraddittori. Sarà un work in progress. Nelle prossime settimane amplieremo il cambiamento: modificheremo la grafica e avvieremo un percorso di consultazione continua con i nostri lettori per creare una comunità che si riconosce nella scelta della priorità ambientale come nuovo motore di sviluppo sociale ed economico.

Qualcuno dirà: ma vi pare il momento? Con Donald Trump di nuovo alla Casa Bianca e l’Europa che vacilla, assediata dalle guerre, dalla carenza di materie prime, dalla debolezza della governance dell’Unione, dalla rabbia di chi sente il terreno scivolargli sotto i piedi? La risposta è: sì ci pare proprio questo il momento perché è durante le crisi che nascono i cambiamenti più radicali.

E la crisi che viviamo è profonda dal punto di vista sociale, per la crescita delle disuguaglianze, e dal punto di vista climatico. Il tetto di aumento di temperatura da non superare (1,5 gradi rispetto all’era preindustriale) è stato già superato e le emissioni serra, alimentate dall’enorme consumo di combustibili fossili, continuano a crescere tirandosi dietro l’aumento di alluvioni, siccità, uragani. La crisi climatica ci sta già facendo pagare un prezzo alto, ma non destabilizza ancora le nostre società. Arrivare a un aumento di 3 o 4 gradi (quello che succederebbe in assenza di interventi correttivi) avrebbe conseguenze difficili da immaginare, con centinaia di milioni di persone costrette ad abbandonare terre diventati inabitabili.

Il problema è chiaro. Le tecnologie per risolverlo ci sono. La capacità industriale anche. Quello che manca è un progetto concreto che tenga assieme gli aspetti sociali e quelli ambientali. Non bastano slogan, servono proposte dettagliate e capaci di ottenere un ampio consenso. Il che richiede un lavoro di studio, discussione, elaborazione, comunicazione. È ora di cominciare. Tutti assieme.

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