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Salute

Infermieri si diventerà, ma l’Italia continua a soffrire carenza di organici

12.05.2023

Ne mancano 65mila, secondo la Corte dei Conti, e il rapporto con medici e abitanti è tra i più bassi d’Europa. A rischio l’applicazione del PNRR che punta tutto sull’assistenza territoriale.

Gli infermieri sono l’anello di congiunzione tra medico e paziente nell’ambito delle cure cliniche e ospedaliere. Una figura professionale, salita in primo piano dopo la drammatica emergenza sanitaria del Covid, ma che ricopre, da sempre, una funzione cardine in tutte le fasi di assistenza medica. Per ironia della sorte, nel giorno del 12 maggio 2020, all’indomani della fine del lockdown, e all’inizio della cosiddetta Fase 2 nel contrasto alla pandemia, è stato celebrato il bicentenario della nascita di Florence Nightingale, fondatrice della moderna assistenza infermieristica. Una ricorrenza che ha esaltato lo sforzo e il sacrificio a cui si sono sottoposti gli infermieri, insieme a tutto il personale medico e sanitario. Il 12 maggio è la giornata nazionale dedicata a questa categoria professionale, che al pari di quella dei medici, soffre di carenza numerica. La Corte dei Conti ha calcolato che in Italia mancano 65mila infermieri. Anche la Commissione UE ha messo in evidenza questo gap, sottolineando che l’Italia impiega meno infermieri rispetto a quasi tutti i Paesi dell’Europa occidentale, con un numero inferiore del 25 % rispetto alla media UE.

Il rapporto infermieri-abitanti in Italia è di 55 infermieri ogni diecimila abitanti, uno dei più bassi d’Europa secondo l’Ocse e il rapporto infermieri-medici, che dovrebbe essere 1 ogni 3 risulta dimezzato. Se non cambia la tendenza in atto, con il progressivo invecchiamento della popolazione e l’aumento della richiesta di assistenza, le carenze di personale in questo settore sono destinate ad aggravarsi. Eppure, va ricordato che, una volta conseguita la laurea triennale in scienze infermieristiche, si entra automaticamente nel mondo del lavoro. Che sia la professione sanitaria del futuro è evidente: nel 2020 è stata l’unica laurea tra le sanitarie che ha visto aumentare le domande di quasi l’8% contro una diminuzione, più o meno evidente, delle altre e secondo i dati a un anno dalla laurea in tempi pre-Covid già l’80% era in servizio.
«Oggi l’Infermiere dev’essere percepito sempre più come un professionista qualificato e non può più essere considerato una figura sottostimata all’interno del nostro sistema sanitario» – sottolinea Silvestro Giannantonio, portavoce della FNOPI (Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche), che conta 456mila iscritti. Di questi, 395.000 sono quelli attivi, di cui circa 270.000 dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, 45.000 liberi professionisti e circa 80.000 dipendenti da strutture private e altri enti.

«Senza una soluzione alla carenza di organico chi rischia di più è l’assistenza, ma anche l’applicazione del PNRR che punta tutto sull’assistenza territoriale» – ribadisce la FNOPI. In base alle dimensioni regionali, ne mancano 27mila al Nord, circa 13mila al Centro e 23.500 al Sud e nelle Isole. «Eppure, quella dell’infermiere è la professione del futuro e lo è con maggiori responsabilità, specializzazioni e infungibilità della professione» – chiosa Silvestro Giannantonio.

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