Parte bene, con ambizioni proporzionate alla sfida in corso, il dibattito sul futuro degli investimenti europei. Oggi la Commissione Bilancio del Parlamento Europeo ha adottato la prima relazione che delinea la visione dell’Eurocamera per il prossimo Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) post-2027, con 23 voti favorevoli, 9 contrari e 2 astensioni. La relazione sottolinea la necessità di un bilancio a lungo termine dell’UE significativamente più ambizioso, capace di rispondere alle crescenti aspettative dei cittadini europei in un contesto globale che sta conoscendo un’inedita velocità di cambiamento.
Superare il tetto dell’1%
Il nodo da sciogliere, come sempre, è l’entità degli investimenti. Si tratta di scegliere il rapporto tra due valori. Da una parte c’è il Quadro finanziario pluriennale (QFP), che è lo strumento di pianificazione finanziaria a lungo termine dell’Unione: definisce i limiti massimi di spesa annuale dell’Unione per sette anni, suddividendoli in comparti (coesione, agricoltura, ricerca, affari esteri, ecc.). In sostanza è una sorta di bilancio a lungo termine che stabilisce il contesto entro cui verranno negoziati e approvati i bilanci annuali.
Dall’altra c’è il Reddito nazionale lordo (RNL) dei Paesi dell’Unione. È la somma del Pil e dei redditi netti dall’estero. La differenza è questa. Il Pil (Prodotto interno lordo) misura il valore totale dei beni e servizi finali prodotti all’interno di un Paese. Il Reddito nazionale lordo (Rnl) parte dal Pil e aggiunge i redditi netti ricevuti dall’estero (redditi da lavoro e da capitale ricevuti dai residenti all’estero meno quelli inviati ai non residenti che lavorano o investono nel Paese).
Queste sono le definizioni tecniche. La sostanza è che una frazione del reddito totale dei singoli Paesi viene messa a disposizione dell’Unione Europea. La frazione è piccola ma il gettito no. Nel 2023 il Reddito nazionale lordo della Ue a 27 era di 14.519 miliardi di euro. Il che vuol dire che l’1% valeva 145 miliardi di euro e aumentare anche solo di mezzo punto questa percentuale vorrebbe dire tirare in ballo più di 70 miliardi. Raddoppiare la quota che dalle singole casse degli Stati si trasferiscono a quella comune vorrebbe dire arrivare a 290 miliardi di euro.
Secondo gli eurodeputati un aumento significativo è oggi necessario per rispondere alle dimensioni e al numero delle sfide in gioco. Parliamo della difesa che va incrementata a fronte dell’incertezza dell’alleato statunitense. Del clima che va difeso a fronte dell’evidenza del danno provocato dalle emissioni di gas serra. Della sanità che va tutelata a fronte della sempre più pressante minaccia di pandemie e di regressione della spinta all’aumento del benessere. Dell’economia che va sostenuta a fronte dell’incertezza creata dalle politiche commerciali di Trump.
Serve un’Europa più forte
Difficile, se non impossibile, fare tutto questo con l’1% del Reddito nazionale lordo. La guerra in Ucraina, la crisi climatica, la transizione digitale e le pressioni migratorie non possono essere affrontate con le casse vuote. Per questo i relatori Siegfried Mureșan (PPE) e Carla Tavares (S&D) hanno chiesto un aumento responsabile e giustificato del prossimo QFP, superando il tetto autoimposto dell’1%. La proposta è rafforzare l’autonomia strategica dell’Unione includendo nel prossimo Quadro finanziario pluriennale due nuovi strumenti: uno per il soccorso in caso di catastrofi e un altro per affrontare sfide impreviste.
La commissione Bilancio ha respinto l’approccio della Commissione Europea basato su un “piano nazionale per Stato membro”, utilizzato nel Recovery and Resilience Facility. Questo rifiuto riflette una crescente preoccupazione all’interno del Parlamento Europeo riguardo alla frammentazione delle politiche dell’UE e alla mancanza di una strategia comune per affrontare le crisi future. I deputati sostengono che un approccio più centralizzato potrebbe garantire una maggiore efficacia e coerenza nell’implementazione delle politiche europee.
La relazione sottolinea anche l’importanza di un bilancio flessibile, capace di adattarsi rapidamente alle crisi, con meccanismi di responsabilità parlamentare robusti per allocare e tracciare i fondi. E insiste sulla necessità di legare l’accesso ai fondi della Ue al rispetto dei valori fondamentali dell’Unione e dello Stato di diritto, proponendo un meccanismo di condizionalità intelligente che non penalizzi i beneficiari a causa delle azioni dei loro governi.
Prossimi passi
Il Parlamento Europeo voterà sulla relazione durante la prima sessione plenaria di maggio, stabilendo le sue priorità per il prossimo Quadro finanziario pluriennale. La Commissione Europea presenterà la sua proposta ufficiale nel luglio 2025, avviando i negoziati con il Consiglio dell’UE, che richiederanno l’unanimità tra gli Stati membri.
In gioco non c’è solo una percentuale, ma l’idea stessa di Europa. Senza la volontà di creare un motore forte unitario per dare una spinta all’economia del continente e alla sua sicurezza complessiva sarà molto difficile che l’Unione Europea possa affrontare con successo le insidie dello scenario globale dell’era Trump.