Meno piogge, più caldo, invasi semivuoti, reti idriche che perdono la metà di quello che trasportano. L’Italia perde acqua. Negli ultimi trent’anni, secondo Ispra, la disponibilità idrica si è ridotta del 19% rispetto al trentennio precedente, mentre la domanda – in particolare quella agricola e civile – è cresciuta. Il risultato è un sistema idrico sotto stress, che in molte aree del Paese – a partire dalla Sicilia – rischia il collasso.
La terra si consuma sotto i nostri piedi, spesso senza che ce ne accorgiamo. Eppure il degrado del suolo e la siccità rappresentano una delle più gravi minacce globali alla sopravvivenza umana e alla stabilità dei sistemi naturali. Lo ricorda l’Onu, che nel 1994 ha istituito questa giornata internazionale con l’obiettivo di sensibilizzare governi e cittadini. Il tema scelto per il 2025, “Ripristinare la terra. Sbloccare le opportunità”, invita a vedere il suolo non solo come risorsa in pericolo, ma come chiave per ricostruire economia, resilienza, sicurezza alimentare e climatica.
Secondo i dati dell’Unccd (Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione), ogni anno si degrada un’area grande quanto l’Egitto. Almeno 1,6 miliardi di ettari sono già stati compromessi, con impatti diretti su 3,2 miliardi di persone. Impatti sulla vita quotidiana e sulle strutture economiche perché oltre la metà del Pil globale, calcola l’Onu, dipende da ecosistemi sani: il degrado aumenta il rischio di siccità, desertificazione, migrazioni forzate e instabilità sociale. Invertire la rotta è però possibile.
Ripristinare 1,5 miliardi di ettari
La sfida che il mondo si pone per il 2030 è impegnativa: ripristinare almeno 1,5 miliardi di ettari di terra degradata e stimolare un’economia del recupero da mille miliardi di dollari. Secondo il Meccanismo Globale dell’Unccd, dovremmo investire circa 1 miliardo di dollari al giorno fino al 2030. Oggi ci fermiamo a 66 miliardi all’anno, e solo il 6% arriva dal settore privato.
“Il ripristino del suolo è la nostra opportunità per invertire queste minacce e creare nuove possibilità”, ha dichiarato Ibrahim Thiaw, segretario esecutivo dell’Unccd. “Il degrado del suolo e la siccità sono gravi fattori di degrado per la nostra economia, la stabilità, la produzione alimentare, l’acqua e la qualità della vita”.
Siccità in espansione, anche dove non ce l’aspettavamo
La crisi non risparmia nessuno. A maggio, ricorda il Wwf, oltre il 40% del territorio europeo risultava colpito da siccità. Il fenomeno tocca anche aree insospettabili: Mar Baltico, Irlanda, Regno Unito, Francia settentrionale, Benelux, Germania, Alpi, Europa orientale. Anche la nostra penisola è sempre più vulnerabile: la Sicilia è già in stato di emergenza, con razionamenti idrici e infrastrutture idriche mal funzionanti. Su 47 invasi, solo 30 sono attivi e non a pieno regime, mentre si costruiscono nuovi dissalatori accanto a quelli abbandonati.
Il quadro generale è desolante: la rete idrica perde in media oltre il 40% dell’acqua immessa, con picchi superiori al 55% in alcune aree. E dal governo non ci sono segni di reazione. “Nonostante il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica si fosse adoperato per far approvare il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici nel 2023, da allora nulla è stato fatto per attuarlo e nell’ultima Legge di Bilancio non si trova menzione né impegni di spesa”, accusa il Wwf.
Il ruolo chiave del suolo: e l’Italia lo consuma
Ma non è solo l’acqua a scarseggiare. Anche il suolo scompare sotto la colata di cemento. In Italia, ogni giorno si consumano circa 20 ettari di territorio. Il disegno di legge sul consumo di suolo, atteso da oltre 13 anni, è sparito dall’agenda politica. Eppure sarebbe uno strumento essenziale per frenare l’avanzata dell’asfalto e promuovere la rigenerazione urbana. Solo nelle aree urbane si potrebbero recuperare oltre 310 km² di edifici non utilizzati, l’equivalente di Milano e Napoli messe insieme.
Il Wwf è netto: “Combattere le cause di degrado del suolo e siccità, abbattere le emissioni climalteranti, attuare i piani di adattamento al cambiamento climatico, ripristinare gli ambienti naturali degradati, fermare il consumo di suolo, gestire l’acqua attraverso politiche di risparmio… quello che dobbiamo fare è chiarissimo, quello che manca è la volontà”.