“La siccità è un killer silenzioso. Si insinua, prosciuga le risorse e devasta le vite al rallentatore. Le sue cicatrici sono profonde”. Con queste parole Ibrahim Thiaw, segretario esecutivo della Convenzione ONU per la lotta alla desertificazione (UNCCD), presenta il nuovo rapporto “Drought Hotspots Around the World 2023–2025”, realizzato con il National Drought Mitigation Center statunitense (NDMC) e il sostegno dell’Alleanza Internazionale per la Resilienza alla Siccità (IDRA). Il quadro è drammatico: la crisi idrica, aggravata dal cambiamento climatico e dalla pressione crescente su terra e risorse, ha causato negli ultimi tre anni uno degli impatti globali più estesi e distruttivi mai registrati.
Thiaw avverte: “La siccità non è più una minaccia lontana. È qui, in aumento, e richiede una cooperazione globale urgente. Quando energia, cibo e acqua collassano insieme, le società iniziano a disgregarsi. Questa è la nuova normalità a cui dobbiamo prepararci”.
Non è una “fase secca”, è un disastro
Il fenomeno non può più essere liquidato come una semplice “stagione secca prolungata”. Secondo Mark Svoboda, coautore del rapporto e direttore fondatore del NDMC, “questa è una catastrofe globale a lenta evoluzione, la peggiore che abbia mai visto”. E aggiunge: “Il rapporto evidenzia l’urgenza di un monitoraggio sistematico su come la siccità incide sulle vite, sui mezzi di sussistenza e sulla salute degli ecosistemi da cui tutti dipendiamo”.
Il Mediterraneo, sottolinea, “è il canarino nella miniera per tutte le economie moderne”. Le difficoltà incontrate da Spagna, Marocco e Turchia per garantire acqua, cibo ed energia offrono uno sguardo anticipato su ciò che potrebbe accadere ovunque in assenza di politiche climatiche efficaci. “Nessun Paese, indipendentemente da ricchezza o capacità, può permettersi di essere compiacente”.
Africa: la fame bussa a milioni di porte
In Africa orientale e meridionale, oltre 90 milioni di persone affrontano livelli acuti di fame. In Zimbabwe nel 2024 il raccolto di mais è crollato del 70%, i prezzi sono raddoppiati e 9.000 bovini sono morti di fame e sete. In Somalia, già nel 2022 si contavano 43.000 morti legati alla carestia, e oggi 4,4 milioni di persone – un quarto della popolazione – si trovano in condizioni di emergenza alimentare.
In Zambia, la siccità ha provocato uno dei peggiori blackout energetici globali: il fiume Zambesi è sceso al 20% della sua media storica, la diga di Kariba ha toccato appena il 7% della sua capacità e intere città hanno subito interruzioni elettriche fino a 21 ore al giorno, bloccando ospedali, panifici e fabbriche.
Mediterraneo a secco: agricoltura e turismo a rischio
Nell’Europa meridionale e nel Nord Africa, gli effetti sono altrettanto allarmanti. In Spagna, dopo due anni di caldo estremo e mancanza d’acqua, la produzione di olive è crollata del 50%, facendo raddoppiare i prezzi dell’olio. In Marocco, il re ha chiesto ai cittadini di rinunciare ai sacrifici rituali dell’Eid: la popolazione ovina è diminuita del 38% rispetto al 2016.
In Turchia, l’eccessivo sfruttamento delle falde ha innescato una crisi geologica: la siccità ha accelerato l’emergere di oltre 1.600 sinkholes, voragini che minacciano comunità e infrastrutture e che riducono in modo irreversibile la capacità degli acquiferi.
Amazonia e Panama: la crisi tocca anche il cuore del mondo
Nel bacino amazzonico, il livello dei fiumi ha toccato minimi storici tra 2023 e 2024, uccidendo oltre 200 delfini di fiume e paralizzando i trasporti fluviali in aree dove la barca è l’unico mezzo. Migliaia di persone sono rimaste senza accesso a acqua potabile; donne in gravidanza non hanno potuto raggiungere gli ospedali.
A Panama, il Canale ha visto i passaggi giornalieri scendere da 38 a 24 navi, causando ritardi e deviazioni costose verso il Capo di Buona Speranza o il Canale di Suez. Ne hanno risentito persino i supermercati del Regno Unito, con scaffali vuoti e prezzi in salita per frutta e verdura.
Asia: zucchero, riso e caffè sotto stress
La combinazione tra El Niño e cambiamento climatico ha colpito duramente anche le coltivazioni in Asia. In India e Thailandia, la siccità ha compromesso raccolti di riso e canna da zucchero, con ricadute globali: negli Stati Uniti, ad esempio, il prezzo dello zucchero è salito del 9%.
“È stata una tempesta perfetta”, commenta Kelly Helm Smith, coautrice e ricercatrice del NDMC. “El Niño ha aggiunto benzina al fuoco del cambiamento climatico, superando i limiti di resilienza di molte società ed ecosistemi vulnerabili”.
Donne e bambini in prima linea
Il rapporto dedica particolare attenzione all’impatto di genere. “Durante la siccità abbiamo osservato meccanismi di sopravvivenza sempre più disperati”, spiega Paula Guastello, ricercatrice NDMC. “Ragazze costrette a lasciare la scuola e a sposarsi per ottenere una dote, ospedali al buio, famiglie che scavano nei letti asciutti dei fiumi per trovare acqua contaminata – questi sono segnali di crisi estrema”.
In Etiopia, nelle regioni più colpite, i matrimoni precoci sono più che raddoppiati. In Zimbabwe, la fame e la mancanza di servizi igienici hanno causato abbandoni scolastici di massa, specialmente tra le adolescenti. In Amazzonia, intere comunità indigene sono rimaste isolate senza accesso a cure e acqua pulita.
“La gestione proattiva della siccità è una questione di giustizia climatica, sviluppo equo e buona governance”, afferma Andrea Meza, vice segretaria esecutiva dell’UNCCD. Oggi l’85% delle persone colpite dalla siccità vive in Paesi a basso o medio reddito, e tra i più vulnerabili ci sono sempre donne e bambine.
Per questo, secondo il rapporto, servono investimenti urgenti in: allerta precoce, tecnologie idriche alternative, infrastrutture resilienti, soluzioni basate sulla natura, e cooperazione internazionale per gestire le risorse condivise. “La domanda non è se succederà di nuovo”, conclude Smith. “Ma se saremo preparati la prossima volta”.