Alla fine, vincono i fatti. Trump prova a nascondere il problema cancellando la crisi climatica dai siti federali, ma dalla California al Texas il conto dei morti sale. Le destre europee provano a frenare la transizione verso le tecnologie green, ma il costo di siccità e alluvioni aumenta. E adesso arriva anche la botta sul portafoglio: nelle case che sperperano energia difendersi dall’assedio dell’afa porta a una bolletta insostenibile per un numero crescente di persone. E nell’arco di 10 anni i consumi energetici per sopravvivere al caldo quasi raddoppieranno.
È l’analisi dell’International Energy Agency (Iea) che parte dai dati di cronaca. Nel mondo rovente del 2025 guadagnarsi una pausa fresca non è più solo una questione di comfort: è una necessità vitale. Giugno è stato il mese più caldo mai registrato e luglio sembra seguire le sue orme. Le ondate di calore estremo come quella ribattezzata Cerberus (Cerbero è il cane a tre teste che Dante ha posto a guardia del terzo cerchio dell’inferno) hanno provocato incendi devastanti, interruzioni elettriche e ondate di mortalità, spingendo al massimo la richiesta di energia per il raffreddamento.
La differenza tra Usa e India
Con temperature intorno ai 30 gradi le vendite di condizionatori arrivano fino al 16% in più rispetto alla media. Ma chi si può permettere il condizionatore? Se rimaniamo alle macroregioni la risposta è scontata anche se i numeri sorprendono per l’ampiezza del divario: negli Stati Uniti e in Giappone più del 90% delle famiglie ha un impianto di climatizzazione; nel Sud-Est asiatico il 15%, in India e in Africa il 5%. Solo una persona su 10 dei 2,8 miliardi di persone che vivono nelle zone più calde del mondo ha accesso all’aria condizionata o ad altri sistemi di raffreddamento in casa.
Se poi andiamo a guardare a casa nostra, scopriamo che le fasce sociali che nella ricostruzione della realtà trumpiana sarebbero penalizzate dalla transizione ecologica sono invece quelle che nella realtà dei fatti vengono colpite dai picchi di calore: il caldo colpisce di più chi ha meno, chi non ha la possibilità di saldare la bolletta necessaria a frenare l’afa.
Il 10% della domanda
Gli altri pagano. Il raffrescamento rappresenta circa il 10% della domanda globale di elettricità. Ma nei Paesi più caldi può determinare un aumento della domanda di elettricità di oltre il 50% in estate, con picchi del 70%. E per far funzionare il sistema in queste condizioni non basta che ognuno si compri il suo bel condizionatore. Ci vuole una rete elettrica adeguata: flessibile, resiliente, capace di adattarsi e adattare la domanda. E se poi questa rete viene alimentata con combustibili fossili la situazione si avvita verso il peggioramento. Più combustibili fossili uguale più caldo, più caldo uguale più condizionatori, più condizionatori uguale più combustibili fossili e così via, dritti verso le fauci di Cerbero.
La risposta a questa trappola non può essere solo l’aumento di un’offerta elettrica indifferenziata. Ci vogliono più fonti rinnovabili perché bisogna ridurre la crescita del calore riducendo le emissioni serra. E poi ci si deve proteggere con vari strumenti dal calore che abbiamo già creato. Case il più possibile bioclimatiche, cioè costruite con tecniche e materiali che assicurano una difesa passiva dal calore. Città più verdi. E un’azione sulla domanda.
Il primo passo è la gestione intelligente dei carichi, premiando chi consuma meno nei momenti critici. In Texas, durante un’ondata di calore, i programmi di flessibilità hanno aumentato i compensi agli utenti che riducevano i consumi: fino a venti volte il valore abituale. In Corea del Sud, un programma pilota lanciato nel 2022 permette agli elettrodomestici smart di autoregolarsi in base alla pressione sulla rete, migliorando l’efficienza fino al 24% senza che l’utente se ne accorga.
Standard obbligatori
Infine, ci vogliono standard obbligatori per garantire la vendita di apparecchi che consumano il minino indispensabile. Dove queste politiche sono in vigore da più tempo, come negli Stati Uniti e in Europa, i consumi medi degli impianti di raffreddamento sono già scesi del 50%. Come sottolinea l’Iea, “migliorare l’efficienza dei sistemi di raffreddamento è una delle azioni più rapide ed economicamente vantaggiose per rispondere all’aumento della domanda elettrica nei momenti critici”.
Alla recente Conferenza globale sull’efficienza energetica, 45 governi hanno promesso di raddoppiare il tasso di miglioramento entro il 2030. Un obiettivo ambizioso, ma necessario, perché – come avverte l’Agenzia – “keeping cool in a hotter world is using more energy”, stare al fresco in un mondo più caldo ci sta costando sempre di più in termini energetici. Per non alimentare il problema nel tentativo di risolverlo, serve un cambio di passo netto.