Se fino a oggi si riteneva che il sovrapascolo fosse la causa principale della desertificazione in Mongolia, è tempo di ricredersi. Per anni, i governi hanno imposto tasse e restrizioni ai pastori, accusandoli di avere troppe mandrie e di rovinare i pascoli. Ma una nuova ricerca della Cornell University, pubblicata sulla prestigiosa rivista Science, dice che le cose stanno in maniera un po’ diversa: il nemico principale non è il bestiame, ma il cambiamento climatico.
Un’analisi che spacca
I ricercatori hanno esaminato ben 41 anni di dati dettagliati sulla Mongolia, dove il 70% del territorio è costituito da pascoli. Hanno incrociato le informazioni sulle dimensioni delle mandrie con quelle del clima e delle condizioni dei pascoli. Il risultato è stato sorprendente: l’effetto del clima, inclusi gli eventi estremi come le tempeste invernali è circa 20 volte superiore a quello delle dimensioni delle mandrie.
In altre parole, i pascoli della Mongolia non si stanno degradando per colpa dei pastori locali, ma a causa delle azioni collettive globali che emettono gas serra. “Sono rimasto sorpreso dall’entità dell’effetto climatico”, ha ammesso Chris Barrett, professore di economia applicata e autore principale dello studio. “Anche solo i cambiamenti climatici annuali hanno avuto un effetto circa 20 volte superiore alle dimensioni delle mandrie”.
Basta tassare i pastori
Le implicazioni di questa scoperta sono enormi. La Mongolia, una nazione che contribuisce in minima parte alle emissioni globali, ha reintrodotto nel 2021 una tassa sul bestiame, nella speranza di limitare il sovra pascolo. Ma lo studio suggerisce che questa misura non solo è inefficace, ma anche ingiusta. Perché penalizza chi meno ha contribuito al problema.