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Arte, Cronaca, Eventi

Biennale di Venezia, primo Pontefice della storia a visitare un Padiglione della Santa Sede

29.04.2024

Si è dedicata all’essere straniero la 60.ma edizione della Biennale d’Arte di Venezia, che domenica 28 aprile ha ospitato il Santo Padre. Con il suo gesto, Papa Francesco intende valorizzare il contributo degli artisti nella costruzione del mondo odierno e dei suoi valori.

 

 

Stavolta Venezia rimane chiusa dentro un convento ma, urbi et orbi, si apre al mondo, perché la Biennale d’Arte, fulcro centrale dei percorsi di artisti e appassionati, diventa barometro della contemporaneità. Con la proposta spiazzante di accogliere il sorriso di Sua Santità Papa Francesco, primo Pontefice della storia a visitare il Padiglione della Santa Sede, promosso dal cardinale José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, e allestito da Chiara Parisi, direttrice del Centre Pompidou-Metz, e Bruno Racine, direttore di Palazzo Grassi, presso il carcere femminile della Giudecca. Così, avvicinarsi alla città di vetro e al groviglio di calli e campielli galleggianti su un mito decadente insidiato da orde turistiche, impone un cambio di prospettiva. Lì, le maschere, i souvenir, i baicoli, gli schiamazzi; qui, tra il silenzio che impregna i muri sbrecciati di un antico convento di monache, nato nel 1600 per ospitare le prostitute “convertite”, indigenti, c’è il tentativo anomalo di sciogliere il nodo di quale (e dove) sia il vero mondo inospitale (fuori o dentro?).

E, superata la Chiesa del Redentore, all’inizio dell’esposizione lungo orti profumati, davanti alla facciata della Chiesa di Santa Maddalena l’opera di Maurizio Cattelan si carica di simbolismi: I piedi, insieme al cuore, portano la stanchezza e il peso della vita”. “Father”, un enorme paio di piedi nudi, sporchi, che rimandano al Cristo di Mantegna, a ricordare il percorso di ognuno di noi nella vita, dal disegno non sempre facile e dritto; una sorta di viatico di chi, invece, ha concepito le cose all’incontrario pagando, poi, per le colpe commesse. Già l’incipit delle visite contingentate su prenotazione (a gruppi di 25), senza cellulari, per contrappasso sembra spiegare la rappresentazione di questa Biennale dedicata all’essere straniero (“Foreigners everywhere”), che, altrove, negli spazi dei Giardini tradizionali e in quelli delle Corderie dell’Arsenale si colora con la presenza artistica di tanti Paesi, ma solo qui, nel luogo dell’espiazione, assume il significato di essere stranieri a se stessi (schiacciati da una realtà soverchiante sottomessa all’immagine), con quella voglia sottesa, però, di vivere insieme un messaggio universale di inclusione, grazie alla presenza discreta delle detenute (a cui è vietato fare domande, ma nido di storie personali e poesie di vite inquiete soltanto percettibili) che hanno il compito di guida attraverso le opere esposte. Il silenzio s’intinge di misticismo, e privati d’ogni dispositivo digitale, gli occhi diventano gli strumenti di registrazione, per un viaggio che diventa interiore, nella sfida ai preconcetti, allargando gli orizzonti dell’arte come veicolo d’espressione e connessione umana. La sollecitazione artistica sulle realtà periferiche, s’innerva, allora, del flusso di coscienza legato ai diritti umani e al mondo marginalizzato degli ultimi, architrave potenziale d’una cultura dell’incontro, vera missione del magistero del Papa, da sempre proiettato ad esortare a «guardare negli occhi gli scartati che incontriamo», perché sia momento di consapevolezza, ricerca di sé, apertura.

Un atto di solidarietà e conforto contro paure e fantasmi, come quello voluto da Claire Fontaine nel Cortile centrale con l’installazione luminosa “Siamo con voi nella notte”, che s’affianca ai bassorilievi, disegni e poesie di persone condannate all’anonimato, di Simone Fattal, lungo un corridoio tra mura altissime e le inferriate delle finestre. I fragili, nella fragile Venezia. Con l’ultimo sorriso, tra sarcasmo e spiritualità, dello street artist romano Maupal (Mauro Pallotta), protagonista della mostra collaterale Venezia: Habemus Papam.

Credito fotografico: Biennale di Venezia

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