Il caldo estremo, la siccità, le frane, l’umidità e i temporali improvvisi sono tutti sintomi dello stesso problema: la crisi climatica è qui, adesso. Le ondate di calore sono prevedibili. L’inerzia, no.
“Non abbiamo ancora visto niente”, ha dichiarato Thierry Luciani, geofisico dell’Arpa Veneto. Luciani nel 2018 aveva previsto la devastante tempesta Vaia. Le sue parole oggi suonano come un campanello d’allarme fortissimo, soprattutto mentre osserviamo il clima impazzire, tra incendi, frane, esondazioni e ondate di calore che non lasciano tregua. Secondo Copernicus, il servizio di monitoraggio satellitare dell’Unione Europea, il “Mar Mediterraneo ha già superato di 5 gradi” la media stagionale di inizio giugno. Un dato clamoroso, che trasforma il nostro mare in una vera e propria “pentola a pressione” climatica. Quelle macchie rosse che si vedono sulle mappe termiche satellitari indicano un’anomalia preoccupante: il mare, anziché raffreddare l’atmosfera come un tempo, ora alimenta le anomalie climatiche.
Le esondazioni improvvise
Questo riscaldamento ha effetti a catena: più umidità nell’aria, perturbazioni più violente e una maggiore instabilità atmosferica. Lo si è visto chiaramente nei giorni scorsi a Bardonecchia, in Alta Val Susa, dove il torrente Frejus è esondato dopo una tempesta improvvisa. L’acqua ha travolto strade e abitazioni, lasciando dietro di sé un paesaggio devastato.
L’aria torrida non risparmia nemmeno le montagne. Nelle Dolomiti, il permafrost – quello strato di ghiaccio che tiene insieme le rocce d’alta quota – si sta sciogliendo. È una delle concause delle frane che hanno colpito il Cadore nelle ultime settimane. A San Vito di Cadore, una colata di detriti lunga cento metri ha interrotto la statale Alemagna, mettendo in crisi i collegamenti con le zone alpine.
Il lavoro sotto il sole? Sempre più a rischio
Intanto, nelle città e nelle campagne si combatte un’altra battaglia: quella contro le temperature roventi sul posto di lavoro. In Lombardia, gli operai della Emmegi di Cassano d’Adda si sono fermati per otto ore. Dentro il capannone si sono toccati i 36,5 gradi. Non è un caso isolato: i cantieri del grattacielo orizzontale CityLife a Milano sono stati bloccati da un’ordinanza regionale. Stessa cosa in Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte e Lazio: vietato lavorare all’aperto tra le 12:30 e le 16 nei giorni da bollino rosso. E c’è chi, purtroppo, il caldo lo ha pagato con la vita: un imprenditore edile di 46 anni, Brahim Ait El Hajam, è morto mentre lavorava sotto il sole cocente a San Lazzaro, nel bolognese.
Per affrontare l’emergenza, questo pomeriggio al ministero del Lavoro si è firmato un protocollo con sindacati e imprese. Si tratta di misure concrete per proteggere chi lavora sotto il sole: stop durante le ore più calde; utilizzo della cassa integrazione anche per impieghi stagionali, senza limiti di durata; rimodulazione dell’orario e costante monitoraggio meteo. La ministra Marina Calderone lo definisce “un lavoro portato avanti da mesi, ma reso urgente da questa estate infernale”.
Economia in sofferenza
Il caldo non fa male solo alla salute, ma anche all’economia. Uno studio di Allianz Trade stima che “le ondate di calore costeranno all’Italia l’1,2% del Pil” quest’anno. Non si lavora, si produce di meno. Un giorno con oltre 32 gradi, spiegano gli economisti, equivale a “mezza giornata persa per ogni lavoratore”. Se un tempo questi eventi erano sporadici, oggi sono sistematici.
Anche la Coldiretti lancia l’allarme: nelle stalle lombarde le mucche producono il 10-15% di latte in meno. Troppo caldo, troppo stress. Gli allevatori corrono ai ripari con ventilatori, doccette, sali minerali. Ma tutto questo ha un costo. E mentre il latte cala, “aumentano le bollette energetiche”. Nelle campagne la situazione è simile: ortaggi bruciati, meloni distrutti, pomodori e uva in anticipo di 10-15 giorni.
In Sardegna si è interrotta l’irrigazione per mancanza d’acqua, in Sicilia la distribuzione idrica avviene a singhiozzo. E in Piemonte, tra caldo e umidità, prolifera la “Popillia Japonica”, un coleottero invasivo che devasta frutteti e vigneti.