Mentre l’Europa spinge con decisione verso la decarbonizzazione dei trasporti, l’Italia resta ancorata a un sistema fiscale obsoleto, che non tiene conto delle emissioni climalteranti dei veicoli. A denunciarlo è la nuova Good Tax Guide di Transport & Environment (T&E), che analizza il sistema di tassazione dell’auto in 31 Paesi europei. Il quadro che emerge per l’Italia è sconfortante: siamo tra i pochissimi Paesi Ue – insieme a Bulgaria e Slovacchia – a non prevedere nessuna imposta parametrata alla CO2, con effetti dannosi per il clima e per l’innovazione.
In particolare, il nostro sistema non distingue tra veicoli inquinanti e a zero emissioni, violando il principio comunitario del “chi inquina paga”. Un’anomalia che scoraggia l’adozione delle tecnologie più pulite e rallenta la transizione verso la mobilità elettrica.
Auto aziendali: Italia in ritardo, nonostante timidi segnali
Il focus dello studio è sulle auto aziendali, che rappresentano il 60% delle nuove immatricolazioni in Europa. In Italia, nonostante una recente riforma fiscale entrata in vigore a gennaio 2025 – che ha migliorato le condizioni per i veicoli elettrici forniti ai dipendenti come benefit – il divario fiscale rispetto alle auto tradizionali resta modesto: in 4 anni, il risparmio è di appena 14.700 euro, contro i 30.300 del Portogallo o i 27.000 della Slovenia.
Peggio ancora per le auto aziendali ad uso strumentale, dove la detraibilità dell’Iva e la deducibilità del costo del veicolo non variano in base alle emissioni. Risultato: scegliere un Suv elettrico di segmento C, rispetto al suo gemello a benzina, porta un vantaggio fiscale di appena 2.400 euro in 4 anni.
Un sistema che spinge verso i Suv più inquinanti
La tassazione inadeguata ha anche un effetto perverso: alimenta il mercato dei grandi SUV a benzina e diesel. Nel 2024, questi mezzi hanno rappresentato il 10,3% delle auto aziendali endotermiche vendute, il doppio rispetto al canale privato. Un trend guidato, secondo T&E, da incentivi fiscali distorti: in Germania, ad esempio, i Suv più grandi ricevono benefici superiori alle imposte versate, rendendo Berlino un vero e proprio paradiso fiscale per i veicoli inquinanti.
In Italia, il disincentivo per questi “giganti dell’asfalto” è praticamente nullo. E così si rallenta una transizione già faticosa: nonostante un lieve aumento nel 2025, l’Italia resta tra i Paesi europei con la minore penetrazione dell’elettrico, soprattutto nel settore aziendale, dove si immatricolano tre volte più Suv endotermici rispetto ai privati.
Secondo T&E Italia, serve una tassazione che: penalizzi le emissioni di CO2 con imposte progressive all’immatricolazione, aggiorni la normativa fiscale per le auto aziendali, tenendo conto dell’impatto ambientale e, infine, elimini esenzioni anacronistiche come quelle per i veicoli storici altamente inquinanti.
Appello al Governo
“In Italia serve una riforma coraggiosa e graduale, che premi chi sceglie tecnologie pulite e penalizzi chi continua a inquinare”, afferma Esther Marchetti, Clean Transport Advocacy Manager di T&E Italia. “La fiscalità è uno degli strumenti più incisivi per orientare le scelte. La recente riforma sulle auto aziendali ha dato segnali positivi, ma è solo un primo passo. Serve agire ora, con coerenza e visione. Transport & Environment lancia un appello al Governo: “Riformare la fiscalità dell’auto è una priorità climatica e sanitaria”.