7 Maggio 2025
/ 6.05.2025

“Chi inquina, paga”, un principio che in Italia non vale

Nel nostro Paese la tassazione auto non premia chi inquina meno. Siamo fanalino di coda in Europa

Mentre l’Europa spinge con decisione verso la decarbonizzazione dei trasporti, l’Italia resta ancorata a un sistema fiscale obsoleto, che non tiene conto delle emissioni climalteranti dei veicoli. A denunciarlo è la nuova Good Tax Guide di Transport & Environment (T&E), che analizza il sistema di tassazione dell’auto in 31 Paesi europei. Il quadro che emerge per l’Italia è sconfortante: siamo tra i pochissimi Paesi Ue – insieme a Bulgaria e Slovacchia – a non prevedere nessuna imposta parametrata alla CO2, con effetti dannosi per il clima e per l’innovazione.

In particolare, il nostro sistema non distingue tra veicoli inquinanti e a zero emissioni, violando il principio comunitario del “chi inquina paga”. Un’anomalia che scoraggia l’adozione delle tecnologie più pulite e rallenta la transizione verso la mobilità elettrica.

Auto aziendali: Italia in ritardo, nonostante timidi segnali

Il focus dello studio è sulle auto aziendali, che rappresentano il 60% delle nuove immatricolazioni in Europa. In Italia, nonostante una recente riforma fiscale entrata in vigore a gennaio 2025 – che ha migliorato le condizioni per i veicoli elettrici forniti ai dipendenti come benefit – il divario fiscale rispetto alle auto tradizionali resta modesto: in 4 anni, il risparmio è di appena 14.700 euro, contro i 30.300 del Portogallo o i 27.000 della Slovenia.

Peggio ancora per le auto aziendali ad uso strumentale, dove la detraibilità dell’Iva e la deducibilità del costo del veicolo non variano in base alle emissioni. Risultato: scegliere un Suv elettrico di segmento C, rispetto al suo gemello a benzina, porta un vantaggio fiscale di appena 2.400 euro in 4 anni.

Un sistema che spinge verso i Suv più inquinanti

La tassazione inadeguata ha anche un effetto perverso: alimenta il mercato dei grandi SUV a benzina e diesel. Nel 2024, questi mezzi hanno rappresentato il 10,3% delle auto aziendali endotermiche vendute, il doppio rispetto al canale privato. Un trend guidato, secondo T&E, da incentivi fiscali distorti: in Germania, ad esempio, i Suv più grandi ricevono benefici superiori alle imposte versate, rendendo Berlino un vero e proprio paradiso fiscale per i veicoli inquinanti.

In Italia, il disincentivo per questi “giganti dell’asfalto” è praticamente nullo. E così si rallenta una transizione già faticosa: nonostante un lieve aumento nel 2025, l’Italia resta tra i Paesi europei con la minore penetrazione dell’elettrico, soprattutto nel settore aziendale, dove si immatricolano tre volte più Suv endotermici rispetto ai privati.

Secondo T&E Italia, serve una tassazione che: penalizzi le emissioni di CO2 con imposte progressive all’immatricolazione, aggiorni la normativa fiscale per le auto aziendali, tenendo conto dell’impatto ambientale e, infine, elimini esenzioni anacronistiche come quelle per i veicoli storici altamente inquinanti.

Appello al Governo

“In Italia serve una riforma coraggiosa e graduale, che premi chi sceglie tecnologie pulite e penalizzi chi continua a inquinare”, afferma Esther Marchetti, Clean Transport Advocacy Manager di T&E Italia. “La fiscalità è uno degli strumenti più incisivi per orientare le scelte. La recente riforma sulle auto aziendali ha dato segnali positivi, ma è solo un primo passo. Serve agire ora, con coerenza e visione. Transport & Environment lancia un appello al Governo: “Riformare la fiscalità dell’auto è una priorità climatica e sanitaria”.

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