Ogni ora che passa, il sistema economico globale accumula 5 miliardi di dollari di danni ambientali legati soprattutto alla produzione di cibo e all’uso dei combustibili fossili. A dirlo è l’ultimo Global Environment Outlook delle Nazioni Unite di cui abbiamo già dato conto https://ultimabozza.it/unep-la-svolta-green-puo-dare-benefici-da-20-trilioni-lanno/. Sembrerebbero numeri chiari. Ma nella pratica rischiano di non esserlo perché ragioniamo a compartimenti stagni: i dati su politica, ambiente, economia, energia vengono analizzati in modo separato, come se i conteggi fossero diversi e i danni e i vantaggi che derivano dalle varie scelte non permeassero contemporaneamente tutte le caselle.
Il rapporto Onu pone una domanda diretta all’Europa e non possiamo far finta di niente. L’Unione Europea ha fatto della transizione verde una bandiera identitaria e un progetto di sviluppo economico e sociale. E proprio ora che i numeri prodotti da una lunga serie di rapporti internazionali (questo è solo l’ultimo) dimostrano la necessità inderogabile di questa scelta, vogliamo tornare indietro rinunciando a un posizionamento che ci dà la possibilità di guadagnare competitività nello scenario globale? In questi mesi è in corso una battaglia politica che ha per posta il futuro dell’Europa. C’è chi vuole cedere ai ricatti commerciali di Trump che in 11 mesi di presidenza ha già perso buona parte dei consensi (secondo l’ultimo sondaggio AP-NORC solo il 31% degli americani approva il suo operato sull’economia) tornando ad adeguare la nostra economia ai desideri della Casa Bianca acquistando combustibili fossili e armi negli Stati Uniti. E chi vuole giocare a tutto campo gareggiando con la Cina che sta occupando i mercati green in tutto il mondo.
Una crisi che l’Europa conosce bene
Per scegliere tra queste due opzioni è bene aver sott’occhio le conseguenze che i due scenari aprono. E il rapporto Onu è uno strumento di misura importante. Su base annua il conto dei danni prodotti dall’inquinamento arriva a 45 trilioni di dollari. Perché clima, biodiversità, inquinamento e degrado del suolo sono varie facce della stessa crisi. Un’impostazione che in Europa conosciamo bene perché è la base del Green Deal, dalla strategia Farm to Fork al piano per la biodiversità e alla riforma del mercato energetico.
Secondo il rapporto, il sistema alimentare globale genera circa 20 trilioni di dollari di danni ambientali l’anno. Per l’Europa questo dato suona oggi particolarmente scomodo: da un lato Bruxelles spinge per un’agricoltura più sostenibile, dall’altro continua a sostenere un modello intensivo che pesa su suoli, acqua, biodiversità e clima.
Allevamenti, uso eccessivo di fertilizzanti, perdita di fertilità dei terreni e sprechi alimentari sono problemi ben presenti anche nel Vecchio Continente. E mentre si discute di semplificare le regole ambientali per “tutelare la competitività”, il rapporto Onu ricorda che la non sostenibilità ha un prezzo economico enorme, solo che non compare nei bilanci aziendali.
Energia e trasporti: il conto dei fossili non è chiuso
Il rapporto attribuisce 13 trilioni di dollari di danni annui ai trasporti e 12 trilioni alla produzione elettrica da fonti fossili. Anche qui l’Europa vive una tensione evidente. La transizione energetica avanza, ma lentamente, mentre la dipendenza da petrolio e gas continua a pesare su clima, salute e finanze pubbliche.
Dopo la crisi energetica degli ultimi anni, molti Paesi europei hanno accelerato sulle rinnovabili, ma hanno anche rafforzato infrastrutture fossili considerate “temporanee”. Il rischio, avverte implicitamente il rapporto, è che il temporaneo diventi strutturale, cristallizzando costi ambientali che ricadranno sulle generazioni future.
Il nodo politico: riformare i sussidi, non rinviare
Uno dei punti più delicati riguarda i sussidi dannosi, stimati a livello globale in circa 1.500 miliardi di dollari l’anno. L’Europa non fa eccezione: tra agevolazioni ai combustibili fossili, incentivi distorsivi in agricoltura e mancata internalizzazione dei costi ambientali, il sistema continua a premiare pratiche che ufficialmente dice di voler superare.
Il rapporto Onu è netto: far pagare ai prodotti il loro costo reale, accompagnando la transizione con politiche sociali adeguate, è una scelta economica razionale prima ancora che ambientale. Un messaggio che entra in rotta di collisione con le resistenze politiche che si stanno rafforzando anche in Europa.
Il Global Environment Outlook spiega che le soluzioni esistono, molte sono già scritte nelle strategie europee, ma che senza coerenza e coraggio politico il rischio è di rallentare proprio quando il costo dell’inazione diventa insostenibile. Con il risultato di indebolire, invece che rafforzare, le difese sociali per le fasce più deboli.
