20.09.2024
Quella dei medici e del personale ospedaliero maltrattati è diventata una storia che si ripete ogni giorno in Italia. Il 42% degli operatori della sanità dichiara di essere stato vittima di almeno una aggressione, fisica o psicologica. Come abbiamo fatto arrivare a questi livelli?
«Da eroi e angeli siamo diventati untori e assassini», ha dichiarato Stefania Malimpensa dimettendosi dal lavoro da infermiera, pensando a come è cambiata la situazione prima e dopo il Covid. In effetti, quella dei medici e del personale ospedaliero maltrattati è una storia che ultimamente si ripete con frequenza, più di un episodio al giorno. Il 14 settembre a Pescara, dopo la morte di un parente, 40 persone hanno devastato l’ospedale e minacciato i medici rendendo necessario l’intervento delle forze dell’ordine. Ma questo è solo uno dei tanti casi registrati nel giro di pochi giorni. Nelle stesse ore a Genova un quarantaseienne ha dato un pugno a un infermiere e un trentunenne che accompagnava la fidanzata al pronto soccorso ha ostacolato i protocolli sanitari, spintonato un’infermiera e minacciato la stessa con un coltellino.
Il giorno prima a Nocera Inferiore, in provincia di Salerno, una dottoressa è stata aggredita verbalmente e fisicamente da una paziente e una sua parente. Non diversa la situazione a Foggia, dove in pochi giorni si sono verificati vari episodi analoghi. Il più eclatante quando, a seguito della morte di una ventiduenne operata dopo un’incidente d’auto, un gruppo di parenti e conoscenti della donna è entrato in ospedale e ha assaltato l’unità operativa toracica. Il personale si è barricato in una stanza, ma sono rimasti feriti tre medici, chi con contusioni e chi con fratture alle dita. Nella stessa città un diciottenne ha preso a calci e pugni tre infermieri dopo essersi presentato in pronto soccorso, e il figlio di un uomo in attesa di cure ha aggredito due infermieri.
I medici di famiglia non se la passano meglio: nei giorni scorsi la dottoressa Maria Laura Riggi ha lasciato l’incarico a Giavera del Montello, salutando gli ex pazienti con un messaggio in cui li “ringrazia” ironicamente per essere stata derisa e schernita, ma anche minacciata di aggressioni con l’acido e agguati vari. E non è l’unica: già ad aprile a Carbonia si era verificato un caso analogo.
Negli ultimi anni i casi di aggressioni all’interno degli ospedali sono lievitati, con il 42% degli operatori della sanità che dichiara di essere stato vittima di almeno una aggressione, fisica o psicologica.
Mentre la situazione degenera, si sperimentano possibili soluzioni. Per esempio, a Vibo Valentia il prefetto ha provato a rafforzare la vigilanza coinvolgendo l’Esercito. Il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri ha chiesto l’applicazione dell’istituto dell’arresto in flagranza differita nei confronti di chi commette atti di violenza contro tali categorie di lavoratori. Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Lavoro e Sanità, ha presentato un ddl che prevede la sospensione della gratuità di accesso alle cure programmate nei confronti di chi compie aggressioni al personale sanitario o reati contro il patrimonio sanitario. Un’epidemia che sta dilagando, e una cura (o meglio, un vaccino) non è mai stata così necessaria.