La Sicilia si propone come laboratorio avanzato per la transizione ecologica. Lo fa con due progetti ambiziosi: l’impianto eolico galleggiante Med Wind e il dissalatore marino mobile di Marnavi. Due soluzioni differenti ma complementari, con un obiettivo comune: l’autonomia energetica e idrica dell’isola in chiave sostenibile. La proposta è stata presentata al convegno “Sicilia e Mediterraneo: rinnovabili, innovazione e green jobs per la blue economy”, promosso dalla Fondazione UniVerde e dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn.
Energia pulita al largo di Trapani
Il primo progetto è localizzato a 80 chilometri dalle coste siciliane: davanti a Trapani sorgerà il più grande impianto eolico offshore del Mediterraneo: Med Wind, sostenuto da Renexia. Parliamo di una centrale da 9 TWh di produzione annua, l’energia sufficiente a soddisfare le esigenze elettriche di 3,4 milioni di famiglie ed eliminare 2,7 milioni di tonnellate di CO₂ ogni anno. Un’opera da 9,9 miliardi di euro che punta a generare migliaia di green jobs qualificati.
La centrale eolica galleggiante, hanno sottolineato al convegno, è stata progettata nel rispetto del paesaggio e degli ecosistemi. Grazie alla tecnologia flottante, le turbine saranno ancorate senza trivellare i fondali e installate lontano dalla costa, evitando l’impatto visivo e le interferenze con pesca e navigazione. “Il nostro approccio garantisce sostenibilità ambientale e accettabilità sociale”, sottolineano da Renexia.
Un’affermazione supportata da 18 mesi di monitoraggi ambientali, altri 14 di studi su avifauna, cetacei, pesca e marine litter, in collaborazione con istituzioni scientifiche come le Università di Palermo, Messina, Genova, il CNR e la Stazione Anton Dohrn. Le indagini, coordinate con la Marina Militare, hanno prodotto una dettagliata mappatura 3D dei fondali per scegliere l’area più idonea, riducendo al minimo l’impatto.
“L’Europa ci chiede di proteggere il 30% delle aree marine entro il 2030”, ha ricordato Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fondazione UniVerde. “L’eolico offshore ben pianificato può essere una leva per farlo, creando nuove zone protette attorno agli impianti”.
Acqua dal mare senza devastare la costa: il dissalatore che naviga
Ma la Sicilia non ha solo fame di energia. Anche la sete è un problema. E il secondo progetto è tarato sulla necessità di aumentare la fornitura di acqua potabile alle isole. La nave dissalatore progettata da Marnavi è un’unità mobile di produzione di acqua potabile. Un sistema flessibile, che si sposta dove serve, preleva acqua al largo – più pulita – e la trasforma in risorsa preziosa senza danneggiare la biodiversità costiera. La salamoia di scarto viene infatti diluita dal moto delle eliche, evitando gli scarichi concentrati che devastano i fondali e gli equilibri marini.
“Il Mediterraneo non può permettersi soluzioni che risolvono un problema creandone altri”, ha detto Francesco Aliberti, biologo marino e consulente Marnavi. “La nave dissalatore usa l’osmosi inversa con remineralizzazione controllata per fornire acqua potabile di alta qualità, evitando impatti paesaggistici e danni agli habitat marini”.
La Sicilia come faro mediterraneo della sostenibilità
“La sfida dell’eolico offshore nel Canale di Sicilia è un’opportunità di sviluppo e occupazione”, ha aggiunto Salvatore Quinci, sindaco di Mazara del Vallo e presidente del Libero Consorzio di Trapani. “E può assolutamente essere compatibile con un settore, quello della pesca, che deve innovare pena un declino ineluttabile. Può anzi costituire l’innesco di percorsi in grado di generare valore diffuso anche per i territori ospitanti”. Anche per Confindustria Sicilia il rilancio dell’eolico in mare può essere un’occasione importante di sviluppo economico e occupazionale.
La Sicilia, con la sua posizione strategica e la ricchezza di vento e sole, diventa così un simbolo di autonomia sostenibile. Tra vento e acqua, energia e resilienza, l’isola si propone come modello europeo per una blue economy che coniuga innovazione, rispetto ambientale e giustizia sociale.
A patto, però, di superare la burocrazia che ancora frena questi progetti. Come ha sottolineato Silvio Greco, vicepresidente della Stazione Zoologica Anton Dohrn: “A dieci anni dalla direttiva europea, la pianificazione dello spazio marittimo in Italia è ancora ferma al palo. Se vogliamo una vera transizione, serve uno Stato capace di decidere e di ascoltare la scienza”.