20.11.2024
In calo il consumo di shopper monouso in materiali polimerici, nocivi per l’ambiente e per la salute. A trainare la classifica Belgio, Polonia e Portogallo, ma l’Europa viaggia a due velocità. Fanalino di coda solo la Lituania? Prevista la riduzione a 40 borse pro-capite all’anno, entro il 31 dicembre 2025. Oggi a che punto siamo?
Da ormai quasi un decennio, con l’entrata in vigore della direttiva europea 2015/720, l’Unione europea sta disincentivando l’impiego dei sacchetti di plastica. Obiettivo a lungo termine, la riduzione del consumo a 40 borse di plastica pro capite all’anno entro il 31 dicembre 2025. Al termine mancano poco più di 12 mesi: come sta andando? Per sintetizzare, bene. Ma si potrebbe fare decisamente meglio.
Secondo le rilevazioni di Eurostat, nel 2022 sono stati consumati 4,7 miliardi di sacchetti di plastica in meno rispetto al 2021, con una diminuzione complessiva del 14% pro capite rispetto all’anno precedente. Un trend, questo, che, come evidenzia l’Agenzia statistica europea, è discendente a partire dal 2018, e dunque con segnali positivi a livello generale. Tuttavia, tra i singoli Stati membri, ci sono differenze molto nette. Partendo dai Paesi più meritevoli, per così dire, il Belgio si aggiudica senza ombra di dubbio la medaglia d’oro: 4 sacchetti a testa nel 2022. Fanno seguito Polonia, con 7, e il Portogallo con 13. Al contrario, fanalino di coda è la Lituania, con 249 sacchetti pro capite, seguita da Lettonia, con 193, e Repubblica Ceca, con 185. L’Italia, ahimè, va cercata nella parte bassa della classifica: ottava tra i 10 Paesi con più consumo di borse di plastica, con 122 shopper a persona e con un consumo annuo che è quasi il doppio rispetto alla media europea.
Da cosa dipendono queste grandi differenze? Nonostante l’esistenza di una direttiva comune, la già citata 2015/720, gli Stati membri la recepiscono ciascuno con modalità differenti, e spesso la sua attuazione è influenzata da fattori non solo economici, ma anche sociali e politici. Ciononostante, la riduzione nella produzione e nel consumo dei sacchetti di plastica monouso rimane un obiettivo importante. Da una parte, infatti, quando vengono abbandonati per strada, nei giardini e sulle spiagge, non solo deturpano il paesaggio, ma spesso diventano una trappola letale per gli animali, che li ingeriscono scambiandoli per cibo. Inoltre, la produzione e lo smaltimento di questi prodotti rilasciano emissioni nocive che influiscono sul riscaldamento globale e, non essendo biodegradabili, si degradano lentamente in microplastiche che contaminano l’ambiente.
Insomma, se da una parte a livello complessivo si registrano miglioramenti, dall’altra, specie i Paesi nella parte bassa della classifica, hanno ancora molto da fare. E forse sarebbe bene ricordare che il mondo è di tutti, e ciascuno, soprattutto in un momento storico dove le certezze climatiche e ambientali vengono messe in discussione, ha il dovere di fare la sua parte.