L’Agenzia internazionale dell’energia stima che l’energia del moto ondoso potrebbe produrre da 8.000 a 80.000 terawattora (TWh) all’anno; l’energia termica oceanica (dalle differenze di temperatura nella colonna d’acqua) potrebbe produrre 10.000 TWh; l’energia osmotica (dalle differenze di salinità) potrebbe produrre 2.000 TWh e le maree e le correnti marine potrebbero produrre 1.100 TWh. Nel 2012, il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc) ha riportato un potenziale teorico di circa 29.500 terawattora all’anno (TWh/anno) considerando tutte le aree con densità di energia del moto ondoso superiore a 5 kW/m.
Considerando che in Italia (fonte Terna) il fabbisogno di energia elettrica è stato nel 2024 di 312 TWh, la stima Ipcc significa quindi una capacita teorica dagli oceani di quasi 100 volte il consumo italiano. Questi numeri ovviamente sono ancora largamente incerti, perché le tecnologie sono ancora in evoluzione e comunque solo una parte degli oceani sarebbe utilizzabile concretamente, e infatti altre ricerche stimano il potenziale reale tra i 4 e gli 8 mila TWh/anno.
Il rapporto della Commissione Europea
Ma indubbiamente l’energia dal mare è una risorsa potenzialmente rilevante e assolutamente rinnovabile. Al momento non è ancora competitiva. “Attualmente i costi – osserva il rapporto del 2002 del JRC della Commissione Europea – sono ancora elevati, con un costo medio livellato dell’elettricità (Lcoe) per i dispositivi per l’energia del moto ondoso di 0,27 euro/kWh e per quelli per l’energia delle maree di 0,2 euro/kWh. Secondo il piano SET, entro il 2030, il Lcoe per l’energia dalle maree dovrebbe però vedere il costo scendere a 0,1 euro/kWh, mentre per l’energia delle onde l’obiettivo è di 0,15 euro/kWh”.
Per avere un termine di paragone, secondo uno studio dello scorso anno del Fraunhofer institute, il costo livellato dell’elettricità per gli impianti fotovoltaici varia tra i 4,1 e i 14,4 centesimi di euro/kWh, a seconda del tipo di impianto e del sistema solare. L’Lcoe per i sistemi fotovoltaici con batterie varia tra i 6,0 e i 22,5 centesimi di euro/kWh. Per le turbine eoliche onshore nel 2024 è compreso tra 4,3 e 9,2 centesimi di euro/kWh. Le centrali a ciclo combinato con turbina a gas hanno invece un Lcoe compreso tra 10,9 e 18,1 centesimi di euro/kWh mentre per le centrali nucleari di nuova costruzione è compreso tra 13,6 e 49,0 centesimi di euro/kWh.
Per sfruttare l’energia dagli oceani, oltre ad avere tecnologie affidabili ed economiche, è importante sapere quali zone degli oceani sono più promettenti. In questo senso utilizzando più di 30 anni di dati misurati dal Global Drifter Program della Noaa, uno studio del College of Engineering and Computer Science della Florida Atlantic University fornisce la valutazione globale più completa dell’energia cinetica – quindi di solo una delle possibilità di utilizzare il potenziale energetico degli oceani – delle correnti oceaniche. I ricercatori hanno esplorato il potenziale di cattura dell’energia cinetica delle correnti oceaniche, concentrandosi sulla stima della densità di potenza e sulla sua variazione nel tempo e nella posizione. Il programma Gdp della Noaa comprende circa 1.250 boe tracciate da satellite che misurano le correnti oceaniche e le loro posizioni. Per questo studio, i ricercatori hanno utilizzato più di 43 milioni di punti dati da marzo 1988 a settembre 2021.
Le acque africane
I risultati, pubblicati sulla rivista Renewable Energy, rivelano che le acque al largo della costa orientale della Florida e dell’Africa (in particolare il Sudafrica) hanno mostrato costantemente alte densità di potenza, rendendole ideali per la generazione di elettricità dalle correnti oceaniche. In particolare, queste regioni hanno mostrato densità di potenza superiori a 2.500 watt per metro quadrato, un valore 2,5 volte più denso di energia rispetto a una risorsa eolica “eccellente”. Le acque relativamente basse – circa 300 metri di profondità – aumentano ulteriormente l’idoneità all’estrazione di energia con le turbine a corrente oceanica.
Al contrario, regioni come il Giappone e parti del Sud America non hanno mostrato densità di energia simili a queste profondità. Secondo lo studio, al largo della costa sudorientale degli Stati Uniti, dalla Florida alla Carolina del Nord, e lungo le coste orientali e sudorientali dell’Africa (Somalia, Kenya, Tanzania, Sudafrica e Madagascar) si trovano densità di potenza elevate, superiori a 2.000 watt per metro quadro. Densità più basse si registrano nel Pacifico orientale (Giappone, Vietnam e Filippine), nel Sud America settentrionale (Brasile e Guyana francese) e sulla costa orientale dell’Australia.
Importante non è solo il potenziale teorico ma il tipo di fondali e le caratteristiche delle correnti. I risultati mostrano ad esempio che aree come il Sudafrica e il Giappone, pur avendo alte densità di energia, presentano maggiori difficoltà a causa delle acque più profonde e dei complessi modelli di flusso. Le aree in acque profonde (1.000 metri o più) rendono infatti più difficile l’estrazione di energia.
E quelle del Mediterraneo
Dallo studio americano il Mediterraneo non risulta essere, come previsto trattandosi di un mare chiuso, un’area ad alto potenziale per l’energia cinetica delle onde, ma potrebbe esserlo per altri fattori come salinità e differenziale termico. E comunque, seppure senza raggiungere i vertici delle aree migliori su scala mondiale, anche nel Mare Nostrum esistono aree potenzialmente utili per sfruttare l’energia energia cinetica delle onde. Le zone con il maggior potenziale di energia cinetica includono le coste occidentali della Sardegna e della Corsica, il Canale di Sicilia e il mare al largo di Algeria e Tunisia. E i primi impianti sono già stati installati o ragionevolmente lo saranno presto anche se i problemi non mancano certo.
Nel 2023 Eni a Pantelleria ha terminato l’installazione di un impianto Iswec, un impianto per la produzione di elettricità (fino a 260 kilowatt) dal moto delle onde, sviluppato assieme al Politecnico di Torino e a Wave for Energy, una società spin-off dell’università: era il secondo dopo uno installato nel 2019 al largo delle coste di Ravenna. Ma il progetto non è andato a buon fine: Wave for Energy e il “cane a sui zampe” hanno divorziato. Eni ha infatti annunciato a fine 2024 che “le attività di ricerca condotte e gli studi portati avanti durante tale fase hanno evidenziato la mancanza dei presupposti tecnico/economici per poter considerare al momento concrete prospettive di scalabilità industriale della tecnologia”. Per tecnologie innovative, fa parte del gioco.
C’è chi ci prova
Ma altrove c’è chi ci riprova. Nello stretto di Messina SeaPower, società legata all’Università di Napoli Federico II, ha intenzione di installare un sistema denominato Gemstar, per convertire l’energetica cinetica delle maree in energia elettrica e produrre fino a 300 kilowatt di elettricità. La scelta della localizzazione non è casuale perché sempre nello stretto di Messina ha operato per molti anni, dal 2001, Kobold una turbina marina ad asse verticale, con pale diritte e parzialmente libere di oscillare, sviluppata dalla società Ponte di Archimede S.p.A., in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università “Federico II” di Napoli.
Entro il 2026 si dovrebbe poi arrivare all’installazione, forse al largo delle coste occidentali sarde, del primo prototipo in scala 1:1 del sistema PeWEC (Pendulum wave energy converter) sviluppato da Enea e politecnico di Torino: è un sistema galleggiante simile ad uno scafo e lungo 15 metri e largo 23 che genera energia – fino a 525 kW – grazie all’oscillazione indotta dalle onde.
La strada è in salita, ma prima o poi anche nel Mediterraneo l’energia dal mare si ritaglierà un suo spazio.