C’è qualcosa che oggettivamente non torna nella determinazione con la quale il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di imporre dei dazi, di percentuale variabile, a beni e prodotti commerciali introdotti negli Usa.
Quello che con il passare delle settimane sta risultando evidente è che per l’amministrazione americana i dazi imposti all’Europa rappresentano principalmente una leva negoziale. Fin da subito, Trump aveva chiarito che l’unico modo per ottenere una tregua tariffaria sarebbe stato l’acquisto di 350 miliardi di dollari in energia statunitense, soprattutto gas naturale liquefatto (Gnl). Una richiesta fuori contesto, visto che ad oggi già il 50% del Gnl europeo proviene dagli Stati Uniti, ma che di fatto ha svelato il vero obiettivo dell’amministrazione Usa: colpire il Green Deal, considerato come un rischio strategico di avvicinamento commerciale tra Europa e Cina e come ostacolo alle esportazioni statunitensi verso il mercato europeo.
Europa al bivio
“Noi e la Cina siamo gli unici soggetti geopolitici che non sono indipendenti dal punto di vista energetico. Vogliamo raggiungerla?”, ha affermato il presidente dell’Alleanza per lo sviluppo sostenibile (Asvis) Enrico Giovannini. L’Europa si trova di fronte a una scelta strategica che influenzerà inevitabilmente il suo futuro, come ha evidenziato l’incontro di questa mattina organizzato dal think tank Ecco, “L’Europa al bivio: il Green Deal nella guerra dei dazi”. Una scelta che ha implicazioni industriali, geopolitiche e finanziarie. Ma anche sociali. Un aspetto, quest’ultimo, troppo spesso sottovalutato secondo gli stessi partecipanti all’incontro, concordi nel considerarlo parte integrante di un percorso verso un futuro più sostenibile. È però sbagliato considerare il Green Deal come un costo che qualcuno deve pagare, ha sottolineato ancora Giovannini, ma occorre sottolinearne la portata positiva e dei soggetti “che si gioveranno dei vantaggi”.
Questo evento, promosso nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2025 di ASviS, ha riunito rappresentanti della società civile, delle imprese, dei media e della politica. Il bivio di fronte al quale si trova l’Unione europea riguarda una scelta di campo non di poco conto: decidere di intraprendere un percorso che porti all’indipendenza energetica oppure decidere di dipendere dai detentori delle materie prime? E, in questo caso, chi seguire? Gli Usa per il gas o la Cina per le tecnologie rinnovabili?
Rinnovabili e indipendenti
È chiaro che la risposta è nella prima opzione, l’indipendenza energetica, e implica una decisa accelerata verso un modello che ponga le rinnovabili al centro della produzione energetica. “Se c’è un aspetto positivo della politica di Trump è proprio quello di aver rafforzato la convinzione della necessità per l’Unione Europea di abbracciare al più presto un’indipendenza energetica”, ha detto Matteo Leonardi che di Ecco è il cofondatore e direttore esecutivo.
Questa fase di reazione alla politica americana potrebbe diventare per l’Ue “una straordinaria occasione per porsi come roccaforte politica e culturale di quei valori occidentali che il presidente Trump sta disconoscendo”, ha aggiunto Arturo Varvelli, responsabile ufficio di Roma dell’European council on foreign relations (Ecfr). Se per Federica Genovese, docente di scienze politiche all’Università di Oxford, da un lato è difficile quantificare con esattezza l’impatto dei dazi di Trump, dall’altro è evidente come la decisione dell’amministrazione Usa un danno l’ha provocato ed è quello di un calo di fiducia. “E in questi casi, la prima vittima è la lotta ai cambiamenti climatici”.
Per Silvia Francescon, esperta senior di politica estera di Ecco, invece occorre un cambio di prospettiva e considerare il Green Deal come uno strumento di sicurezza, non solo climatica ma anche strategica. “L’Europa è chiamata a scegliere se stessa abbandonando però la convinzione di detenere la leadership climatica”.
La politica
Concorde sul cambio di prospettiva anche il senatore Antonio Misiani, secondo il quale “l’Europa può vincere la sfida se al Green Deal affianca politiche sociali e industriali forti”. Una coniugazione della prospettiva ambientalista con quella sociale è auspicata anche da Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde, che ha anche aggiunto che l’attacco al green deal di Trump e anche Putin ha delle ragioni economiche molto semplici: “Uno vuole vendere il Gnl e l’altro il gas”. Massimo Milani, membro della Commissione ambiente della Camera, tiene a precisare che “anche noi (inteso come centro-destra, ndr) siamo coscienti della necessità di una transizione energetica. Quello che contestiamo sono i tempi e un eccessivo ideologismo con il quale si vuole procedere verso l’elettrificazione”. “E se fosse ideologico l’approccio del governo?”, gli fa eco Enrico Cappelletti (membro della Commissione attività produttive della Camera) che sottolinea come “negli ultimi tre anni tutte le decisioni prese dall’esecutivo sono andate contro il Green Deal”.