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Esteri

Elezioni americane, gli USA si fidano dell’età

22.01.2024

Primarie repubblicane: DeSantis molla, in gara restano solo Donald Trump e Nikki Haley, la quale ha un disperato bisogno di un successo chiaro per restare in gara. Per ora hanno vinto i 77 anni di Trump contro i 38 anni di Vivek Ramaswami e i 45 di Ron DeSantis.

Quando il New Hampshire aprirà le urne per le primarie repubblicane, all’appello mancherà Ron DeSantis. Il governatore della Florida ha preso atto di sondaggi mediocri e ne ha tratto le conclusioni. Nel pomeriggio di domenica 21 gennaio ha interrotto la corsa che preparava da anni e ufficializzato il proprio ritiro. A sfidare Donald Trump resta così la sola Nikki Haley, che per restare in gara ha disperatamente bisogno di un successo chiaro.

Le primarie repubblicane stanno facendo bene il proprio mestiere, sfoltendo rapidamente i concorrenti. Il primo a mollare era stato l’ex governatore del New Jersey, Chris Christie, ritiratosi due settimane fa di fronte a sondaggi a una cifra. Era quindi toccato a Vivek Ramaswami, che nonostante l’enorme lavoro sul territorio, in Iowa non riusciva ad arrivare al 10 per cento. Terzo e ultimo abbandono, quello di Ron DeSantis. A voler essere precisi, nel novembre 2023 si era già ritirato Tim Scott, l’unico senatore nero repubblicano, ma la sua candidatura era stata poco più che simbolica.
Se la sconfitta di Christie si spiega con la sua opposizione a Trump, quelle di DeSantis e Ramaswami sono dovute piuttosto alla scarsa novità rispetto all’ex presidente. In entrambi i casi, la principale differenza stava nell’età: 38 anni per Vivek, 45 per Ron, contro i 77 di Trump. Per il resto, la piattaforma politica era praticamente indistinguibile. Persino la garanzia di conservatorismo di DeSantis, evidentissima nelle politiche illiberali applicate in Florida, si limitava a replicare le posizioni già applicate da Trump. Facile capire perché, in queste condizioni, gli elettori repubblicani dimostrino di preferire l’originale ai suoi cloni e perché entrambi abbiano raccomandato ai propri seguaci di votare per Trump.

Per Haley, la ritirata di DeSantis è solo apparentemente una buona notizia. In una gara a due non c’è più spazio per le sfumature e i distinguo, così come si riduce lo spazio per le manovre politiche in cambio dell’appoggio dei propri delegati alla convention repubblicana di luglio. In altre parole, se Haley non riuscisse a vincere nel New Hampshire,  Stato molto più moderato dell’Iowa, le sue possibilità di battere Trump si ridurrebbero al lumicino. Contro Haley lavora anche il calendario: entro fine marzo, le primarie repubblicane avranno assegnato il 72 per cento dei delegati, ed i giochi saranno fatti. Haley deve dunque vincere a tutti i costi, ed è per questo che il forte vantaggio di Trump anche nel New Hampshire sembra a molti una pietra tombale sulle sue speranze.
Paradossalmente, a godere di una sconfitta di Haley sarebbe Joe Biden. I sondaggi mostrano che contro di lei l’incolore presidente, più abile sul piano tecnico che nella comunicazione, perderebbe senza appello. Contro Trump, invece, le sue possibilità aumentano, perché molti lo voterebbero comunque in quanto ultimo baluardo contro le posizioni sempre più radicali assunte dai repubblicani in campagna elettorale. Nonostante le indicazioni che gli americani tutto vogliono tranne la rivincita del 2020, potrebbe essere proprio questa la conseguenza del voto in New Hampshire.

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