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Cronaca, Esteri

Elezioni USA, l’ombra delle incertezze

23.09.2024

Non è noto quanti potranno votare. Alcuni Stati stanno modificando la legge; il Nebraska in senso maggioritario, dando a ogni elettore un valore che potrebbe rivelarsi decisivo nel caso di una stretta competizione; ancora più complicato quello che sta avvenendo in Georgia e Montana. Il focus su una delle campagna elettorali più difficili di sempre.

Vincerà Donald Trump o Kamala Harris? Più che nei sondaggi, la risposta andrà cercata nei meccanismi di voto dei 50 Stati, a ciascuno dei quali la Costituzione lascia libertà di organizzarsi come crede. Se i due candidati sono alla pari – o meglio, all’interno del margine di errore del più o meno due per cento, la stampa USA riferisce della crescente preoccupazione del partito democratico per il cambio in corsa delle regole per il voto.

Negli USA, di solito l’alta affluenza premia i democratici. Nelle presidenziali più recenti, i due partiti principali hanno vinto tre volte ciascuno, ma i repubblicani si sono aggiudicati la maggioranza dei voti popolari solo nel 2004 con la riconferma di George W. Bush. Il caso più eclatante è il Nebraska, uno dei due Stati (l’altro è il Maine) che sceglie con il metodo proporzionale i Grandi Elettori da inviare al Collegio Elettorale, l’organismo che, come decisero i padri fondatori nel 1787, elegge il presidente. Poiché le proiezioni indicano che almeno un seggio potrebbe andare ai democratici, spingendoli oltre la fatidica soglia di vittoria di 270 voti, il Nebraska sta modificando la legge in senso maggioritario. Un Elettore sembra poco, ma in una competizione stretta potrebbe essere decisivo.

Più sottile quel che sta avvenendo in Georgia, lo Stato che nel 2020 assicurò la vittoria a Biden. La commissione elettorale a maggioranza repubblicana sta modificando le regole, imponendo tra l’altro la verifica cartacea di tutti i voti elettronici prima della proclamazione dei risultati. La mossa ritarderà senz’altro i conteggi, ma soprattutto introduce un margine di arbitrarietà nell’accettare o meno ogni singolo voto, con annessa coda di ricorsi. Temendo abusi, lo Stato della Georgia ha già presentato ricorso contro la sua stessa commissione.
Sempre in Georgia, un manipolo di attivisti repubblicani sta chiedendo la cancellazione dalle liste elettorali di centinaia di migliaia di nomi. Molti – deceduti, trasferiti altrove, contenenti errori – erano già in corso di lavorazione, ma la verifica in massa a poco più di sei settimane dal voto ha sovraccaricato gli uffici, che hanno persino finito le buste per invitare i cittadini a confermare di essere vivi. Fenomeni analoghi si stanno verificando in Texas, Stato tradizionalmente “rosso” (cioè, repubblicano, al contrario di quanto il colore indica in Italia), nel quale la componente “blu” (democratica) è cresciuta al punto da farlo considerare “viola”.  In Montana è successo di peggio. Il 20 settembre, quando lo Stato – che conta poco meno di 1,1 milioni di abitanti – ha attivato il sistema di voto elettronico, un cittadino ha scoperto che la sua scelta era stata limitata a Trump o Robert F. Kennedy. Della candidata democratica, nessuna traccia, mentre Kennedy si era ritirato poche settimane prima per appoggiare Trump. Di fronte alle polemiche per l’imposizione di un candidato unico, il sistema è stato bloccato per un aggiornamento tecnico. Le schede per il voto postale sembrano, invece, essere state stampate correttamente.

Alla luce di queste dinamiche, è difficile stimare quanti saranno in grado di votare e quanti voti saranno annullati da scrutatori troppo zelanti o da rappresentanti di lista ideologizzati. Da ciò consegue la difficoltà di dire quanto i sondaggi siano affidabili. Perché, secondo il detto attribuito al banchiere Enrico Cuccia, i voti si contano e si pesano.

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