21 Maggio 2024
Milano, 20°

Economia

Geopolitica e ambiente assediano i mari del commercio

13.01.2024

Navi che girano l’Africa per accedere al Mediterraneo, altre approderanno nel porto panamense di Balboa, per trasferire i container sui treni. L’economia mondiale, dipendente dai canali marittimi, vive una crisi di insicurezza, esistenziale. Conflitti e cambiamento climatico continuano a rallentare le rotte del commercio marittimo su tutto il Pianeta, con effetti globali ancora più esasperanti per il consumatore finale. L’interdipendenza, da opportunità, diventa una minaccia.

Conflitti e cambiamenti climatici rischiano di mettere in crisi il trasporto marittimo e provocare una miscela esplosiva a danno degli equilibri internazionali e delle economie locali e globale. Le minacce dei militanti Houthi yemeniti alle navi commerciali che solcano le acque del Mar Rosso per attraversare il Canale di Suez hanno indotto molti gruppi armatoriali a scegliere rotte più lunghe e costose, che allungano enormemente i tempi di viaggio andando a incidere sia sui costi di esercizio del trasporto, sia sulla regolarità delle consegne di prodotti e materie prime. Naturalmente, la prima conseguenza è il rialzo del prezzo del petrolio, con inevitabili ripercussioni sull’aumento dei prezzi al consumo. Al contempo, molte aziende che non ricevono le materie da lavorare sono costrette a rallentare i ritmi di produzione se non addirittura a prevedere periodi di interruzione dell’attività. L’impatto sull’economia europea non si è ancora manifestato, ma non tarderà a ripercuotersi qualora non si riuscirà a garantire la sicurezza della navigazione nel Mar Rosso.

Il Canale di Panama, altra striscia di mare strategica, sta mettendo invece in crisi la navigazione tra gli oceani Atlantico e Pacifico, a causa del basso livello dell’acqua per effetto della siccità prolungata. L’Autorità del canale panamense è stata costretta a ridurre la quantità e il peso delle navi in transito, per fare fronte al rischio congestione. Un colosso come la Maersk, una delle più grandi compagnie di trasporto marittimo, è stata costretta a rivedere la propria organizzazione logistica, dirottando una percentuale cospicua dei container su treni che attraversano il Paese centroamericano da una costa all’altra. Per avere un’idea dell’emergenza in corso, lungo la rotta tra Australia e Stati Uniti, le navi approderanno nel porto panamense di Balboa, per trasferire i container sui treni che raggiungeranno il porto di Manzanillo, per essere smistati su portacontainer per le destinazioni di Charleston e Filadelfia.

Ovviamente, la “secca” del Canale di Panama sta incidendo sul trasporto di carburanti e cereali. Il 7 gennaio il canale ha raggiunto uno dei minimi storici di profondità: circa 1,8 metri al di sotto della norma. E se il canale di Panama è ai due terzi della propria capacità, quello di Suez vede transitare solo 200mila container al giorno rispetto al mezzo milione del mese scorso. Le merci imbarcate nei porti asiatici e dirette in Europa devono passare intorno al Capo di Buona Speranza in Sud Africa, con tempi di consegna che si dilatano fino a 20 giorni in più.

LEuropa si ritrova ancora una volta spiazzata e si prepara a fare i conti con lo tsunami delleconomia marittima. Lo avrà certamente messo sul piatto della bilancia Mario Draghi, incaricato da Ursula von der Leyen della stesura del report sulla competitività europea.
Di fronte alle sfide della transizione green e dell’intelligenza artificiale appare evidente come la vecchia Europa si sia mossa in ritardo. Non solo fragilità del modello economico, che un istmo diventato improvvisamente pericoloso può solo aggravare, ma anche in chiave geopolitica, come dimostra il perdurare della guerra in Ucraina.
“Può il batter d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?”, si chiedeva poco più di mezzo secolo fa il matematico Edward Lorenz. Ora sappiamo che questo fenomeno è assai più esteso di quanto si potesse immaginare, in un mondo che trasforma linterdipendenza da opportunità in minaccia.

Condividi