Ci stiamo provando, e facciamo qualche progresso, ma siamo ancora lontani dall’obiettivo. E l’obiettivo non è la crescita del numero dei lupi, tecnicamente non troppo complessa, ma la crescita della nostra capacità di convivere con loro. Pensarli come esseri indipendenti, appartenenti alla natura e non grandi peluche animati, sembra facile ma non lo è per niente. Almeno non lo è per un numero di umani sufficienti a creare il problema.
Lo dimostra il progetto europeo Life Wild Wolf, che ha appena pubblicato un report: Bold wolf behavior: definitions and analysis of reported past cases across Europe. Un’analisi puntuale dei casi problematici tra il 2012 e il 2022 in nove Paesi europei, tra cui l’Italia, che individua i comportamenti a rischio, ne descrive le cause e propone criteri condivisi per la prevenzione.
In Europa 23 mila lupi
Partiamo dai numeri. Il rapporto Large carnivore populations across Europe della Commissione europea documenta la presenza di 23.000 lupi in Europa, con un aumento del 35% rispetto al 2016. Tra i Paesi in cui la popolazione di lupi è cresciuta di più ci sono Italia, Svizzera, Austria e Slovenia.
In Italia nel 2020-21 i lupi erano 3.500 secondo l’indagine nazionale condotta in quel biennio da ISPRA con il contributo del progetto Life WolfAlps EU e la partecipazione di molte amministrazioni pubbliche e associazioni di volontari. L’indagine ha fornito un quadro dettagliato sulla consistenza e sulla distribuzione di questa specie.
Si può convivere con questi lupi? La risposta corretta è: dipende. Se i lupi vengono considerati un simbolo di selvaticità e di equilibrio ecologico (tra l’altro in questo caso diventano anche un driver di turismo di qualità), si possono adottare i comportamenti che rendono la convivenza possibile. Se invece vengono considerati dei cartoni animati usciti dallo schermo, i guai sono garantiti. Attirati in paese dai rifiuti mal gestiti o, ancora peggio, lasciati appositamente in giro per rubare un filmato a distanza ravvicinata, i lupi diventano “confidenti”. Un termine tecnico che, per una volta, è chiaro. Si fidano. E fanno male a fidarsi.
Lupi confidenti
In Europa e in Italia, questi lupi “confidenti” crescono. O, come sarebbe più corretto dire, cresce il numero di persone che ha comportamenti scorretti nei confronti dei lupi e li rende confidenti. Tra il 2020 e il 2024 si è arrivati così a contare, documenta il progetto europeo, 18 episodi di aggressione da parte di lupi confidenti, attribuiti a sei individui specifici. Fortunatamente, nessuno di questi eventi ha avuto conseguenze gravi. Lo ricorda anche l’Ispra, che ha elaborato – insieme a Life Wild Wolf – un Protocollo sperimentale per l’individuazione e la gestione dei lupi urbani e confidenti, basato su tutti i casi noti e ora disponibile online.
Il report europeo introduce due concetti chiave per capire il comportamento di questi lupi: “abituazione” e comportamento audace. L’”abituazione” è la perdita del naturale istinto di fuga di fronte all’uomo: a forza di vederseli intorno si sono abituati. Il comportamento audace, invece, è un passo in più: si manifesta quando un lupo si avvicina ripetutamente a meno di 30 metri da una persona, con un atteggiamento curioso, e in molti casi speranzoso, visto che l’essere umano è abbinato all’idea di cibo facile per strada.
Giovani, curiosi e attratti dall’uomo
Dai 20 casi analizzati nel report europeo, emergono alcune costanti. L’87% dei lupi confidenti sono giovani, spesso cuccioli o individui sotto l’anno di età. È più facile che siano loro, inesperti e ancora in fase esplorativa, ad avvicinarsi ai centri abitati. In più della metà dei casi, il comportamento audace è correlato alla disponibilità di cibo di origine umana, a volte dato deliberatamente.
Un altro elemento ricorrente è la presenza dei cani, che possono rappresentare una fonte d’attrazione per il lupo, sia come simili, sia come potenziali prede. Gli avvistamenti avvengono spesso di giorno, quando è maggiore la probabilità di incontri con le persone.
Prevenire è meglio che allontanare
Il messaggio chiave del report è semplice: la prevenzione funziona solo se si agisce in fretta. Una volta che un lupo ha imparato ad associare l’uomo al cibo o alla facilità d’accesso, riportarlo a una condizione di diffidenza naturale diventa molto difficile.
Per questo motivo, il documento raccomanda azioni immediate nei luoghi dove si manifestano segnali di abituazione: rimozione di rifiuti organici, custodia attenta degli animali domestici, divieto di alimentazione diretta. Bisogna evitare le condizioni che favoriscono l’emergere di comportamenti rischiosi.
Una sfida europea
Il progetto Life Wild Wolf – finanziato dal programma Life della Commissione europea – ha una durata quinquennale e coinvolge 18 partner europei, coordinati dall’Istituto di Ecologia Applicata di Roma. L’obiettivo non è solo comprendere i meccanismi dell’abituazione, ma formare tecnici, enti locali e comunità a una nuova forma di convivenza.
Il progetto prevede anche la sperimentazione di dispositivi di protezione per i cani, la mappatura delle zone a rischio e la costruzione di modelli predittivi per identificare situazioni potenzialmente pericolose. Una delle missioni centrali è proprio quella di fornire alle istituzioni locali strumenti concreti e conoscenze aggiornate, per affrontare una presenza che ormai è strutturale.
Il lupo non è un pericolo di per sé, sono i nostri comportamenti che creano il rischio. Dunque il futuro della convivenza passa per la conoscenza. E per la consapevolezza.