3 Dicembre 2024
Milano, 6°

Cronaca, Lavoro, Società

I Neet, schizzinosi o costretti?

03.08.2024

Giudicati, mai raccontati. È la categoria di giovani italiani che ha smesso di sognare? Oppure sono sfavorevolmente oscurati dal lavoro in nero? Solo a Milano rappresentano l’88,9% del totale. La verità sui 2,1 milioni dei nostri under 30, secondo la ricerca.

Nel corso dell’ultimo decennio e più sono stati definiti in mille modi diversi: inattivi, nel migliore dei casi, da chi ha descritto la loro condizione omettendo un giudizio talvolta perfino morale. Fannulloni, bamboccioni, “choosy” dagli altri, coloro che li hanno anche giudicati oltre che raccontarli. Sono i fatidici Neet: i giovani che hanno smesso di studiare, ma che non lavorano e nemmeno sono impegnati in un percorso di formazione di qualsiasi tipo. Un fenomeno che in Italia presenta numeri importanti, con un risvolto che però forse non è chiaro a tutti.

A evidenziarlo è la ricerca “Lost in transition” del Consiglio nazionale dei giovani (CNG), che ha voluto analizzare la transizione dalla scuola al lavoro degli italiani di età compresa tra i 15 e i 29 anni. Ciò che è emerso è che la loro presunta, chiacchierata e molto spesso vituperata inattività è tale solo su carta. I dati spiegano, infatti, che la stragrande maggioranza dei Neet italiani (che secondo le più recenti rilevazioni Istat arrivano a 2,1 milioni di persone) lavora, eccome. Solo che non risulta da nessuna parte.
Il CNG lo spiega chiaramente: nelle grandi città d’Italia è di una mastodontica percentuale di 88,9% il numero dei Neet, che attualmente lavorano in nero, o quantomeno lo hanno fatto nel recente passato. Risiedere in grandi centri è decisivo, visto che secondo la ricerca il 65,3% dei Neet delle aree urbane è in possesso di laurea o diploma accademico, mentre nelle zone rurali del Paese questa percentuale crolla al 9,6%.
Sono numeri che aiutano ancora meglio a inquadrare il fenomeno, spesso affrontato con colpevole superficialità dalla media opinione pubblica nostrana. Sull’intero territorio nazionale addirittura il 74,8% dei 15-29enni è Neet, i quali rappresentano il 16,1% dell’intera popolazione giovanile italiana (la media UE è di 11,2%). Ma, come abbiamo visto, questo non comporta in automatico che siano del tutto nullafacenti o – peggio ancora – che trascorrano l’intera giornata sul divano in ossequio al luogo comune che li riguarda.
Non a caso il numero dei Neet in attesa di poter svolgere un lavoro in linea con il proprio percorso di studi arriva al 42,6% del totale. Alte anche le percentuali di chi si definisce disponibile a imparare un nuovo mestiere (37,8%) e di chi semplicemente è fermo perché ritiene più utile dare una mano alla propria famiglia (20,5%). Non manca, fatalmente, chi ha ceduto allo scoramento: coloro che sono fermi per esasperazione, insicurezza o incapacità di capire come risolvere il problema raggiungono il 29,9%.

Lapidarie le parole con cui Maria Cristina Pisani, presidentessa del CNG, ha commentato la ricerca: «Abbiamo l’ennesima dimostrazione del fatto che la narrazione dei giovani schizzinosi verso il mondo del lavoro non è realistica. Le zone grigie di lavoro sommerso e in deroga, o della formazione non riconosciuta, sono davvero molto estese. Servirebbe un serio ragionamento che porti a interventi mirati sulla questione, per fornire a tutti opportunità concrete e reti di supporto adeguate, per affacciarsi al mondo del lavoro».

Condividi