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Cronaca, Lavoro

Il lavoro scelta morale, nuova tendenza

06.11.2024

Millennials e Generazione Z, a partire dallo scorso anno, hanno iniziato a rassegnare “dimissioni di coscienza”. Oltre al salario, prevalgono condizioni di lavoro sicure e un ambiente libero da discriminazioni e sfruttamento. Insomma, la dignità dei lavoratori a tutto tondo. Il focus.

Un posto sicuro e un buono stipendio non sono più requisiti sufficienti nella scelta di un impiego. Sempre più diffusa tra i giovani e i giovanissimi, la scelta del lavoro etico consiste nell’accettare o nell’abbandonare un posto di lavoro che non risponde alla propria morale personale, valutando per esempio l’impatto che quell’azienda ha sull’ambiente o se rispetta i diritti umani dei lavoratori.

Più nello specifico, perché un’occupazione possa definirsi etica, deve garantire un salario equo, condizioni di lavoro sicure e un ambiente libero da discriminazioni e sfruttamento, privilegiando insomma la dignità di tutti i lavoratori a tutto tondo. Ma non solo, perché le imprese etiche devono essere attente anche all’impatto ambientale delle proprie attività. Come? Attraverso l’adozione di pratiche sostenibili e trasparenti.  Motore di questo cambiamento nell’approccio al mondo del lavoro sono per lo più giovani Millennials o della Generazione Z, che a partire dallo scorso anno hanno iniziato a rassegnare “dimissioni di coscienza” in modo piuttosto diffuso, in Europa e non solo, in un tentativo di rendere l’attività lavorativa come proprio modo di essere.

Uno dei primi ad aver studiato il fenomeno è stato Paul Polman, ex CEO di Unilever, che ha condotto l’indagine su un campione di 4mila lavoratori americani e britannici, rilevando una tendenza che pian piano trasforma il modo in cui i giovani si approcciano alle opportunità di carriera. Secondo la ricerca, un lavoratore su due è disposto a lasciare il proprio posto se i valori aziendali non rispecchiano i propri, con più del 33% degli intervistati che afferma di aver sperimentato le cosiddette dimissioni di coscienza in passato. Un cambiamento di prospettiva, questo, che è stato confermato anche da uno studio di Deloitte, secondo cui il cambiamento climatico rappresenta la seconda preoccupazione più pressante dopo l’aumento del costo della vita per il 25% dei giovani lavoratori.

Sul versante europeo, i dati sono in linea. A condurre un sondaggio sull’argomento è stata Odoxa, che ha rilevato che il 25% dei lavoratori europei – tanti dei quali della GenZ – sarebbe disposto a rassegnare le dimissioni e optare per un impiego che rispecchi maggiormente i propri valori etici personali. L’ascesa del “conscious quitting”, d’altra parte, spinge a sempre più aziende di adottare un approccio etico e trasparente nelle proprie politiche per allinearsi alle aspettative dei lavoratori più giovani. E dunque le nuove generazioni vedono nel lavoro non solo uno strumento di crescita professionale e sostentamento, ma anche come parte fondamentale di un cambiamento più grande. Un processo che richiederà tempo, ma che forse, un giorno, farà la differenza nelle generazioni future.

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