30.07.2024
Il riscaldamento globale provocherà la scomparsa del 70-80% dei coralli su tutto il Pianeta. Una proteina derivata dal mais dà vita al materiale biodegradabile che aiuterà a recuperare le barriere coralline in via di estinzione. Le conferme dall’Acquario di Genova.
La barriera corallina è un ecosistema molto importante nell’ambiente marino, perché ospita migliaia di specie animali e vegetali. È anche una risorsa per l’uomo, per le attività di pesca e per il turismo. Inoltre, è in grado di ridurre la potenza delle onde, contribuendo così alla protezione delle coste da maremoti e altri eventi estremi. Tuttavia, la sua sopravvivenza è fortemente minacciata dall’azione umana e dall’innalzamento delle temperature. Secondo le stime, il riscaldamento climatico nei prossimi anni potrebbe provocare la scomparsa del 70-80% dei coralli. Per contrastare questo processo, è necessario intervenire attraverso operazioni di ripristino della barriera corallina ancora esistente: attualmente esistono approcci diversi. In molti interventi, i segmenti di corallo vengono fatti crescere in contesti ambientali favorevoli e, successivamente, vengono trapiantati nei siti marini degradati. Questo approccio ha percentuali di successo tra il 60-70%, ma si applica solo ad alcune specie. Un metodo alternativo è la produzione di segmenti di barriera corallina artificiali, che, una volta depositati sul fondale marino, fungono da substrato per la nascita e lo sviluppo di organismi viventi. Insieme a questa, esistono altre tecniche simili, ma tutte condividono alcuni limiti.
I materiali usati in questi approcci (come resine e stucchi) possono rilasciare in acqua delle sostanze dannose per l’ambiente e per l’uomo. Possono, inoltre, essere difficili da maneggiare sott’acqua e, dopo l’applicazione, possono richiedere molto tempo per indurirsi, rendendo più faticoso un buon ancoraggio ai fondali.
Una soluzione per superare questi ostacoli è lo sviluppo di nuove tecnologie ecosostenibili, che sfruttino materiali non tossici e biodegradabili, che derivino da fonti naturali. Questo è stato l’obiettivo di una ricerca che ha coinvolto l’Università degli Studi di Milano-Bicocca e l’Istituto Italiano di Tecnologia, in collaborazione con l’Acquario di Genova, e che ha condotto alla realizzazione di un nuovo materiale da utilizzare per il ripristino della barriera corallina.
È uno stucco, prodotto dalla miscela di sostanze derivanti da oli vegetali (olio di soia), considerati una materia prima “biobased” (tecnicismo usato per indicare un elemento di origine biologica), e zeina, una proteina derivata dal mais. Per testare l’efficacia del nuovo materiale sono state confrontate le sue prestazioni e le sue proprietà con quelle di altri materiali già presenti in commercio. I risultati dimostrano che questo nuovo stucco risponde molto bene ai test di biodegradazione e non rilascia nell’ambiente acquatico componenti che possono diventare un potenziale elemento inquinante. Di conseguenza, risulta avere un basso impatto sull’ambiente. A rendere vantaggiosa la sua applicazione è anche la capacità di indurirsi molto velocemente: sono sufficienti 20-25 minuti, mentre gli altri richiedono alcune ore. I ricercatori hanno svolto i test in due luoghi diversi. Dopo una fase di applicazione e monitoraggio nell’Acquario di Genova, durata sei mesi, nel maggio 2022 è iniziata una sperimentazione in loco, nelle acque dell’isola di Magoodhoo, alle Maldive.
Secondo il team di ricerca, per via delle sue proprietà e grazie ai risultati ottenuti, questo nuovo materiale, per il quale è stata depositata la domanda di brevetto, realizzato utilizzando fonti vegetali, è un valido sostituto dei prodotti esistenti, soprattutto resine epossidiche, nelle operazioni di recupero dei coralli.