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Il Primo maggio: un quadro che cerca il suo senso

01.05.2023

Nessuno dirà mai di no a un giorno di festa. Ma se guardiamo a un recente sondaggio, la Festa del Lavoro, il Primo maggio, non ha più ragione di esistere.

Secondo il 30,2% degli intervistati, è una festività priva di significato. Oppure – il 19,8% – un appuntamento solamente politico, e dal sapore sorpassato, vecchio: il 16,5%. Solo per un italiano su tre è una data che conserva il suo valore. Una specie di Quarto Stato, il dipinto che rappresenta operai e braccianti in marcia, che si rinnova ogni anno.

Non è difficile intuire i motivi di questo disamore: il lavoro non è più un diritto, nonostante la bella Costituzione italiana che lo afferma. È, spesso, specie per i giovani, sottopagato e svolto in condizioni non dignitose. E poiché si parla di giovani, si parla anche del futuro della nostra società: senza un lavoro sicuro, è difficile metter su famiglia, contrarre un mutuo per la casa, diventare pienamente adulti e indipendenti (e così contribuire al pagamento delle pensioni in un Paese sempre più anziano).

La realtà ci dice che tanti lavori sono cosa da immigrati, che si accontentano di salari più bassi e condizioni di lavoro più dure. E che la scolarizzazione di massa ha aumentato le aspettative di tanti diplomati, usciti da una scuola molto slegata dal mercato del lavoro. Eppure esiste un futuro a portata di mano, anche per il lavoro: la transizione energetica, la conservazione ambientale, la digitalizzazione del sapere, il turismo consapevole e cento altre sfide. Ma se si vuole salvare la Festa, bisogna salvare gli invitati, altrimenti è una Festa in cui non c’è più niente da mangiare, niente da bere, musica vecchia e facce annoiate.

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