17.05.2024
Il Regno Unito sempre più chiuso in sé stesso
Le università britanniche bocciano l’Erasmus +, solo accordi con i singoli Stati. Decisione che rischia di privare le industrie creative britanniche del vitale flusso dei talenti.
Che il Regno Unito volesse farsi da parte nello scenario europeo era chiaro già nel 2016, quando il Governo aveva organizzato il referendum per la Brexit, concretizzata poi formalmente nel 2020. E, all’inizio del mese scorso, aveva deciso di abbandonare anche la nave del programma studentesco Erasmus +, giustificando la manovra con la scarsa attitudine degli studenti britannici nei confronti dell’apprendimento di nuove lingue. L’Ue, da canto suo, ha tentato l’apertura di negoziati con il Regno Unito per facilitare la mobilità giovanile, ma anche questa carta è stata scartata: la Gran Bretagna non ha voluto nemmeno sentire l’offerta, dichiarando che non intendeva siglare con l’Unione alcun trattato, provvedendo semmai a siglare accordi con i singoli Stati.
E adesso le università britanniche si trovano di fronte a una tempesta perfetta, con sempre meno studenti internazionali che decidono di formarsi nelle loro istituzioni: un declino, questo, che combinato con la prospettiva di ulteriori restrizioni sui visti studenteschi minaccia di privare le industrie creative britanniche di un vitale flusso di talenti. Il sistema attuale, infatti, consente ai laureati internazionali di lavorare nel Regno Unito per un massimo di 3 anni dopo la laurea, ma questa è una tempistica che rischia di essere ridotta se non del tutto eliminata a seconda dei risultati di un rapporto del Comitato consultivo sull’Immigrazione che dovrebbe essere consegnato a breve al Governo, rappresentando un duro colpo per alcuni settori-chiave dell’economia britannica, soprattutto quello creativo, che genera un valore annuo di 10 miliardi di sterline.
A esprimere grande preoccupazione per questo scenario, infatti, è stata proprio Creative UK, l’organizzazione che rappresenta questo settore industriale nel Paese: privare gli studenti internazionali della possibilità di rimanere in UK dopo la laura disincentiverebbe fortemente anche lo studio nel Paese, danneggiando irrimediabilmente il comparto. Una voce, questa, a cui fanno eco le dichiarazioni della British Academy, che ha avvertito che la rimozione del visto per i laureati potrebbe compromettere seriamente la dinamicità del mondo accademico e della ricerca, mettendo a rischio la sostenibilità finanziaria delle università.
A queste eventualità, che per ora costituiscono ipotesi, si accompagnano però dati concreti: secondo un sondaggio condotto dalla British Universities International Liaison Association su 75 istituti della Gran Bretagna, si registra un calo del 27% nel totale delle domande per i corsi post-laurea rispetto all’anno precedente, rivelando così una diminuzione significativa.
Dunque, la lotta all’immigrazione rischia di diventare autodistruttiva, colpendo il sistema dell’istruzione e, indirettamente, quello dell’economia. E, se queste sono le premesse, il prezzo del conservatorismo rischia di diventare altissimo. Ne varrà davvero la pena?