17 Ottobre 2025
/ 16.10.2025

Il seme del futuro: il primo grano duro pensato per il biologico

Il progetto nasce dalla Fondazione Seminare il Futuro. Sabato e domenica cinque aziende agricole dell’ecosistema NaturaSì apriranno le porte per la semina collettiva

Un nome semplice, ma dal significato profondo: “Inizio”. È la prima varietà italiana di grano duro selezionata appositamente per l’agricoltura biologica, frutto di quasi dieci anni di lavoro tra ricerca scientifica e sperimentazione sul campo. Ora quel percorso si traduce in 700 ettari di terreno seminati, il primo passo concreto verso una nuova stagione per il bio italiano.

Il progetto nasce dalla Fondazione Seminare il Futuro in collaborazione con il Crea di Foggia, con il sostegno di NaturaSì e della cooperativa Gino Girolomoni. Una rete che unisce scienza, agricoltura e impresa per creare sementi capaci di vivere in equilibrio con la terra, senza ricorrere a concimi o pesticidi di sintesi.

Un grano che cresce con la natura, non contro di essa

“Quest’anno, per la prima volta, siamo riusciti a mettere in produzione il seme certificato della varietà Inizio”, spiega Federica Bigongiali, direttrice della Fondazione Seminare il Futuro. “È una pianta che si adatta bene a condizioni più naturali, resiste all’allettamento, compete con le erbe infestanti e cresce vigorosa anche senza concimazioni azotate”.

La varietà, iscritta di recente al registro nazionale, è il risultato di un percorso di ricerca cominciato nel 2016, pensato per rispondere alle esigenze specifiche dell’agricoltura biologica. “Inizio”, continua Bigongiali, “è solo il punto di partenza di un lavoro di selezione che guarda al rapporto tra pianta e ambiente, con l’obiettivo di rafforzare la sicurezza alimentare e la resilienza ai cambiamenti climatici”.

Il rito della semina collettiva

Per celebrare il debutto di “Inizio”, il 18 e 19 ottobre — in concomitanza con la Giornata mondiale dell’alimentazione — torna l’iniziativa Seminare il Futuro. È un rito collettivo che unisce agricoltori, famiglie e cittadini nei campi: un modo per riscoprire da dove arriva il cibo che mangiamo e quanto lavoro c’è dietro un chicco di grano.

Cinque aziende agricole dell’ecosistema NaturaSì apriranno le loro porte per l’occasione: Agricoltura Nuova nel Lazio, La Colombaia in Campania, Il Cerreto in Toscana, Bio Ferrarini in Emilia-Romagna e la storica Girolomoni nelle Marche. Oltre alla semina, i partecipanti potranno prendere parte a laboratori per bambini, visite guidate, incontri e degustazioni di prodotti biologici.

“È un’opportunità per avvicinarsi a un’agricoltura che si prende cura del suolo e lo coltiva senza l’uso di sostanze chimiche”, commenta Fabio Brescacin, presidente di NaturaSì. “Portare i cittadini in campagna, far loro toccare la terra, capire da dove arriva il cibo e il lavoro che c’è dietro: questo è il modo più diretto per costruire consapevolezza”.

Custodi, non proprietari, del seme

La Fondazione Seminare il Futuro, attiva dal 2016 grazie al contributo di NaturaSì e della cooperativa Girolomoni, è nata proprio per questo: garantire all’agricoltura biologica sementi libere, adattate ai suoli e ai climi mediterranei, e non vincolate ai brevetti delle multinazionali. Nel suo campo vengono conservate e studiate decine di linee e popolazioni di cereali, un archivio vivente di biodiversità cerealicola. È da lì che sono nati i progetti Inizio e Prossimo, quest’ultimo già in fase di moltiplicazione. Il lavoro di ricerca prosegue in collaborazione con il Centro di Ricerche Agro-ambientali “Enrico Avanzi” dell’Università di Pisa, dove le nuove varietà vengono testate per le coltivazioni biologiche.

“La selezione dei semi può fare la sua parte per un’agricoltura più sana, ma deve essere inserita in un approccio agroecologico”, ricorda Bigongiali. “Serve un sistema che integri rotazione delle colture, gestione della biodiversità e uso appropriato delle risorse”.

Sulla stessa linea Fausto Jori, consigliere delegato di NaturaSì: “La qualità delle sementi è essenziale: un buon seme fa un buon cibo. Ma per la selezione servono tempi lunghi e continuità. La Fondazione non è proprietaria del seme, bensì custode: ne tutela la vitalità e fa in modo che continui a rispondere, anche in futuro, alle esigenze degli agricoltori”.

Un gesto antico per un’agricoltura nuova

Seminare il futuro è un invito concreto a ripensare il modo in cui produciamo e consumiamo il cibo. Il gesto antico di gettare un pugno di semi nella terra diventa oggi un atto politico e culturale: un modo per dire sì a un’agricoltura che rispetti i cicli naturali, la biodiversità e il lavoro contadino.

“Inizio” segna dunque un punto di partenza, ma anche una direzione: quella di un’agricoltura più resiliente, capace di nutrire l’uomo senza impoverire la terra. Un seme che promette non solo buon grano, ma una nuova alleanza tra scienza, natura e comunità.

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