L’Africa ha vissuto nell’ultimo anno un boom che potrebbe segnare una svolta storica nella sua corsa all’energia pulita. Tra luglio 2024 e giugno 2025 il continente ha importato quasi 15 gigawatt di pannelli solari dalla Cina, un aumento del 60% rispetto all’anno precedente. È un dato che colpisce non solo per le dimensioni, ma anche perché fotografa un cambiamento di tendenza: non è più soltanto il Sudafrica, tradizionalmente in prima fila, a trainare il mercato, ma una pluralità di Paesi che hanno cominciato a investire seriamente nel fotovoltaico. In due anni, escludendo Pretoria, le importazioni africane sono triplicate, passando da 3,7 a 11,2 gigawatt.
Un’ondata di record
Il 2025 ha portato con sé un’ondata di record. Venti Stati hanno superato i loro livelli storici di acquisti e almeno 25 hanno importato oltre 100 megawatt ciascuno. L’Algeria, ad esempio, ha registrato una crescita vertiginosa, moltiplicando di 33 volte la capacità importata rispetto all’anno precedente. E a maggio, in un solo mese, il continente ha fatto arrivare 1,57 gigawatt. Colpisce il fatto che siano sempre più i Paesi con sistemi energetici fragili a guidare questa corsa, vedendo nel solare non solo una risorsa ma anche una via rapida per saltare tappe intermedie dello sviluppo.
C’è però un aspetto che invita alla cautela. I dati disponibili fotografano l’arrivo dei container, ma non raccontano se i pannelli siano stati effettivamente installati. È una differenza non da poco, perché in alcuni Paesi il potenziale teorico è enorme: in Sierra Leone, se tutto fosse montato e collegato alla rete, la nuova capacità solare coprirebbe oltre il 60% della produzione elettrica del 2023; in Ciad la quota sarebbe quasi della metà, in Liberia attorno a un quarto. Ma tra la possibilità sulla carta e la realtà dei fatti pesano limiti infrastrutturali, costi di connessione, burocrazia e carenze di competenze tecniche.
In ritardo
La spinta all’aumento delle importazioni ha radici precise. I prezzi dei pannelli, abbattuti dall’aggressiva concorrenza cinese, sono diventati più accessibili. Le crisi energetiche, dai blackout sudafricani al peso dei generatori a gasolio in Nigeria e Zambia, hanno mostrato i limiti dei sistemi tradizionali, accelerando la ricerca di alternative. Nelle aree rurali prive di rete elettrica, il fotovoltaico rappresenta spesso l’unica possibilità concreta per famiglie e comunità di accedere all’elettricità.
Il quadro complessivo resta però ancora in ritardo rispetto agli obiettivi. Nel 2023 solare ed eolico coprivano appena il 6% della produzione elettrica africana, mentre la gran parte delle rinnovabili era legata all’idroelettrico. L’Unione Africana ha fissato il traguardo di 300 gigawatt di capacità rinnovabile entro il 2030, ma oggi si viaggia attorno ai 72 gigawatt. Per centrare l’obiettivo sarà necessario quadruplicare in pochi anni il ritmo delle nuove installazioni.
Il nodo sono le risorse
Il nodo decisivo resta la disponibilità di risorse. Senza capitali adeguati, infrastrutture solide e una filiera locale in grado di sostenere la crescita, il rischio è che il boom delle importazioni resti un fenomeno effimero. Iniziative come Mission 300, lanciata dalla Banca Mondiale e dalla Banca Africana di Sviluppo, cercano di mobilitare fondi, ma finora hanno prodotto più annunci che risultati concreti.
L’immagine che emerge è quella di un continente con un potenziale immenso e una finestra di opportunità unica. L’Africa ha il sole, ha bisogno di energia e ora ha accesso a tecnologie più economiche. Ma senza una strategia che trasformi i container sbarcati nei porti in impianti operativi, il rischio è che la rivoluzione resti incompiuta.