L’Italia si trova di fronte a un bivio di scelte infrastrutturali i cui effetti ricadono sulla mobilità quotidiana di milioni di persone. Il nuovo Rapporto Pendolaria di Legambiente documenta un sistema di trasporti segnato da un sottofinanziamento cronico e da scelte politiche che l’associazione definisce sbilanciate.
L’analisi di Legambiente si concentra, in primo luogo, sul progressivo svuotamento del Fondo Nazionale Trasporti (Fnt), la principale risorsa per il Trasporto pubblico locale su ferro e gomma. Le risorse destinate a questo fondo, spiega il report, varranno nel 2026 il 38% in meno rispetto al 2009, se si tiene conto dell’inflazione. L’associazione stima che, per tornare ai livelli reali di spesa di oltre quindici anni fa, sarebbero necessari almeno 3 miliardi di euro aggiuntivi rispetto a quanto oggi previsto, un dato che rivela un deficit strutturale di lungo periodo.
Metropolitane sacrificate
Nonostante la richiesta di un rifinanziamento strutturale, Legambiente evidenzia come la Legge di Bilancio 2026 abbia sottratto risorse decisive a infrastrutture metropolitane cruciali per le aree ad alta domanda di mobilità. L’associazione denuncia il definanziamento di 425 milioni di euro sottratti alla metropolitana C di Roma (tratta Piazzale Clodio–Farnesina), lo stop al prolungamento della M4 di Milano fino a Segrate e al collegamento ferroviario Afragola–Napoli.
Il contrasto tra le priorità di spesa è uno dei punti più critici sollevati dal Rapporto. L’associazione sottolinea che i 15 miliardi di euro destinati al Ponte sullo Stretto di Messina per poco più di tre chilometri sono sproporzionati rispetto alle esigenze urbane. Legambiente mette a confronto questo investimento con quanto realizzato per il trasporto di massa: con circa un terzo di quella cifra (5,4 miliardi di euro), si stanno completando circa 250 chilometri di nuove linee tranviarie in 11 città italiane.
Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, ha chiarito la posizione dell’associazione: “È una questione di scelte, non di risorse disponibili, visto che si continua, intanto, a investire sul Ponte sullo Stretto di Messina, nonostante le criticità più volte evidenziate non solo da noi associazioni ma anche dalla Corte dei Conti”.
Il deterioramento del servizio
L’effetto di queste scelte finanziarie si riflette direttamente sulla qualità del servizio quotidiano. Nel 2024 hanno circolato 185 treni regionali in meno rispetto all’anno precedente a causa di dismissioni non compensate da acquisti sufficienti, nonostante l’età media complessiva del parco treni sia finalmente scesa a 14,7 anni.
La mappatura delle “Linee peggiori d’Italia” conferma criticità storiche, ma anche nuove emergenze. Tra le situazioni più gravi figurano la ex Circumvesuviana, che ha perso 13 milioni di passeggeri in dieci anni, e la Roma Nord–Viterbo, che ha registrato l’inquietante record di 8.038 corse soppresse nei primi dieci mesi del 2025. Il report include tra le new entry 2025 la Sassari–Alghero e ricorda l’interruzione di collegamenti vitali in Sicilia come la Catania–Caltagirone–Gela, chiusa dal 2011, e la Palermo–Trapani via Milo, ferma dal 2013.
Un fattore di esclusione
Il deterioramento della rete e del servizio pubblico ha una diretta conseguenza sociale che il Rapporto Pendolaria definisce transport poverty. Si tratta di un fenomeno in forte crescita che trasforma la mobilità da diritto a fattore di esclusione sociale ed economica.
Il Rapporto quantifica l’impatto di questa condizione sul bilancio familiare: in Italia, la spesa media per i trasporti raggiunge il 10,8% del budget mensile delle famiglie, superando di gran lunga la soglia di vulnerabilità del 6% indicata da un report della Commissione Europea.
Roberto Scacchi, responsabile Nazionale Mobilità di Legambiente, sottolinea che “la carenza di trasporto pubblico sta diventando un drammatico fattore di esclusione sociale” e ribadisce: “Quando il servizio ferroviario e urbano non è adeguatamente finanziato, con frequenze basse e infrastrutture incomplete, muoversi diventa più costoso o addirittura impossibile per una parte crescente della popolazione”.
A peggiorare il quadro, il rischio climatico: dal 2010 al 2025, l’Osservatorio Città Clima di Legambiente ha censito 229 eventi meteo estremi (26 solo nel 2025) che hanno causato interruzioni del servizio ferroviario (frane, allagamenti), con il ministero che stima danni su infrastrutture e mobilità fino a 5 miliardi di euro l’anno entro il 2050.
Le richieste di cambiamento
Di fronte a questo scenario, Legambiente rivolge alcune richieste al Governo, insistendo sul fatto che l’investimento nel ferro e nella mobilità urbana è “una scelta necessaria sul piano ambientale, economico e sociale”.
L’associazione chiede di rafforzare il Fondo Nazionale Trasporti, riportandolo ai livelli reali del 2009, potenziare le frequenze, passando da 30 minuti a 4–8 minuti nelle ore di punta, raddoppiare i viaggi giornalieri da 6 a 12 milioni entro il 2035, di “smetterla con l’ossessione del Ponte sullo Stretto di Messina” e di investire in mobilità urbana sostenibile.
Il report si chiude con l’esempio di buone pratiche, come il successo del servizio Milano-Trento-Bolzano o il progetto toscano “Ti porta Firenze“, che riduce i costi degli abbonamenti ai mezzi pubblici fino all’80%.
