16 Giugno 2025
/ 16.06.2025

Incendi, nel 2024 ci è andata bene. Quest’anno è dura

I primi dati del 2025 non sono incoraggianti. La crisi climatica soffia sul fuoco

Il 2024 ha segnato una battuta d’arresto nell’avanzata del fuoco in Italia. Secondo i nuovi dati dell’Ispra, gli incendi boschivi hanno interessato una superficie complessiva di 514 km² – una porzione di territorio grande quasi quanto la metà di Roma Capitale. Di questi, 103 km² riguardano direttamente ecosistemi forestali. È un dato in calo rispetto agli ultimi cinque anni, ma sufficiente a confermare che l’emergenza incendi resta una minaccia viva e diffusa.

Dopo gli anni neri tra il 2020 e il 2023, con picchi alimentati dal cambiamento climatico e dalla gestione ancora fragile del territorio, il 2024 segna un’inversione di tendenza: la superficie totale andata in fumo si ferma a circa due terzi della media annua del periodo 2018-2023. Rispetto al 2023, la riduzione è netta: -52% per le superfici totali bruciate e -34% per le aree forestali. Un miglioramento, certo, ma non sufficiente a cantare vittoria.

Il Sud continua a pagare il prezzo più alto

A subire i danni maggiori sono ancora una volta le regioni meridionali, con Sicilia, Calabria e Sardegna che da sole concentrano oltre il 66% dell’intera superficie forestale nazionale colpita. In particolare, la provincia di Reggio Calabria svetta con 10,3 km² di bosco andato in fumo, pari al 41% della superficie incendiata in tutta la regione e al 10% del totale italiano. Anche le province di Cosenza (9,4 km²) e Nuoro (8 km²) hanno registrato incendi significativi.

Nonostante il calo generale, il numero di regioni coinvolte resta allarmante: 16 su 20. Solo Valle d’Aosta, Lombardia, Trentino-Alto Adige e Veneto sono rimaste relativamente indenni da grandi incendi. In Sicilia si è registrata una diminuzione rispetto al passato, mentre in diverse aree del Sud e del Nord la situazione è stabile o in lieve peggioramento. Il Centro Italia ha mostrato segnali positivi, con una contrazione delle superfici colpite.

Ecosistemi sotto attacco, anche dentro le aree protette

Il 20% della superficie incendiata ha colpito ecosistemi forestali. Tra questi, le latifoglie sempreverdi – come le leccete e la macchia mediterranea – sono state le più colpite (46%), seguite dalle latifoglie decidue (37%) e dai boschi a conifere (14%). A preoccupare è il fatto che il 31% degli ecosistemi forestali bruciati si trovi all’interno di aree protette, in particolare nei siti della Rete Natura 2000. Questo significa che gli incendi non solo danneggiano il patrimonio naturale, ma colpiscono anche aree che dovrebbero essere scudi contro la perdita di biodiversità.

L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale sta affinando le sue armi contro il fuoco: i dati del report 2024 si basano su analisi satellitari ad alta risoluzione e sull’uso di algoritmi di machine learning per identificare con precisione gli ecosistemi colpiti. Le informazioni sono poi confrontate con i dati forniti dal sistema europeo EFFIS (European Forest Fires Information System) e servono da base per le strategie di conservazione e ripristino ambientale.

L’obiettivo dichiarato di ISPRA è offrire ogni anno un quadro aggiornato per aiutare le politiche locali e nazionali a prendere decisioni basate su evidenze. Una bussola fondamentale, in un Paese dove il fuoco, complice la crisi climatica, rischia di diventare sempre più un “abitante” stabile del paesaggio.

2025: primi segnali da non sottovalutare

I primi dati del 2025 non sono incoraggianti. Tra il 1° gennaio e il 9 giugno sono già bruciati 34 km², una superficie comparabile al Parco Nazionale delle Cinque Terre. Di questi, quasi 10 km² sono aree boschive. La Calabria si conferma la regione più colpita con quasi il 70% delle superfici forestali interessate. Al secondo posto, sorprendentemente, compare il Trentino-Alto Adige.

Il picco degli incendi resta concentrato tra inizio luglio e metà agosto, periodo in cui le condizioni climatiche – alte temperature, siccità, venti – creano la miscela perfetta per innescare le fiamme.

L’Italia resta vulnerabile. Gli incendi non sono più un fenomeno eccezionale: sono una componente crescente della nostra estate, favorita dalla crisi climatica, dall’abbandono delle aree interne e da un uso scorretto del territorio. Serve continuità negli investimenti, vigilanza attiva, prevenzione sul campo e – soprattutto – una gestione del paesaggio che metta al centro la resilienza degli ecosistemi. 

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