Il processo di transizione ecologica delle isole minori italiane continua, ma a una velocità preoccupantemente bassa. Lo certifica il rapporto “Isole Sostenibili 2025” redatto da Legambiente e dal Cnr-Iia, presentato a Napoli. L’indice complessivo di sostenibilità delle 26 isole abitate monitorate si ferma al 46,8%, appena un punto e mezzo in più rispetto all’anno precedente. Un miglioramento quasi simbolico, che mette in evidenza come i tanti annunci non stiano ancora trovando riscontro in politiche efficaci. Eppure le isole rappresentano un banco di prova ideale per la transizione: territori limitati, comunità ridotte, forte esposizione alla crisi climatica. Tra le poche realtà virtuose si distinguono l’isola di San Pietro (indice al 62%), Capri (61%) e le Tremiti (55%), ma la media resta bassa. Le potenzialità non mancano, ma senza un’azione sistemica il cambiamento resta al palo.
Una buona notizia, il fotovoltaico cresce
C’è un dato che fa ben sperare: tra il 2021 e il 2023 la potenza installata da fotovoltaico nelle isole minori è aumentata del 116%, superando la metà del target nazionale fissato. Merito di casi come Ustica, che ha segnato un +153%, e Ventotene (+93%): dove ci sono volontà politica e investimenti mirati i risultati arrivano. Tuttavia, la crescita è ancora disomogenea e altri comparti restano in grave ritardo.
Il solare termico, ad esempio, è quasi assente e non raggiunge nemmeno un quarto degli obiettivi prefissati. Le bioenergie sono realtà sporadiche, con Capraia che fa eccezione, essendo 100% rinnovabile grazie a impianti locali. La geotermia è utilizzata in misura ridotta solo in alcune isole come Ischia e Capri. Ancora più grave è la situazione dell’elettrificazione: 19 isole su 26 non sono collegate alla rete nazionale e dipendono da gruppi elettrogeni a gasolio, costosi e inquinanti. Una condizione che mina alle fondamenta qualsiasi progetto di sostenibilità energetica.
Rifiuti e risorse idriche: l’altra faccia del ritardo
Oltre all’energia, sono soprattutto la gestione dei rifiuti e delle risorse idriche a costituire un freno alla transizione. La raccolta differenziata è ferma al 58%, ben sotto l’obiettivo europeo del 65%. Solo alcune realtà, come Ustica (93%) e Favignana (85%), raggiungono livelli elevati. In generale, manca un sistema capillare e ben organizzato. Ancora più preoccupante la situazione dell’acqua: tra il 2020 e il 2022 le perdite nelle reti idriche sono aumentate al 42,3%, con punte che sfiorano il 77% a Ventotene e il 69% a Capraia. Ciò significa che quasi metà dell’acqua potabile viene dispersa prima di arrivare ai rubinetti.
E non finisce qui: il 22,5% della popolazione delle isole minori non è ancora servito da una rete fognaria. A Salina, solo il 2% degli abitanti ha accesso a un sistema di depurazione. Senza interventi radicali sulla gestione idrica e sui servizi di base, parlare di sostenibilità resta poco più che uno slogan.
Una mobilità ferma al secolo scorso
Le isole minori italiane presentano un paradosso che ha dell’incredibile: su 188 mila abitanti residenti si contano 186.399 veicoli privati. Praticamente un’auto per ogni persona, bambini inclusi. Il trasporto pubblico è invece quasi inesistente, con appena 398 autobus in circolazione. Risultato: traffico, inquinamento e scarsa accessibilità per chi non può o non vuole utilizzare l’auto privata. A peggiorare la situazione è l’età avanzata del parco auto: in media, il 61% dei veicoli è di classe Euro 4 o inferiore, con punte drammatiche a Pantelleria (73%) e Salina (72%).
In un contesto così fragile e limitato, la mobilità dovrebbe essere uno degli ambiti più facili da trasformare. E invece resta tra i più statici. Mancano investimenti in mezzi pubblici elettrici, incentivi alla mobilità dolce, reti di piste ciclabili e sistemi di condivisione. Un cambio di paradigma è urgente, ma non può avvenire senza una regia nazionale che affianchi le amministrazioni locali.
Un piano per sbloccare il futuro sostenibile
Di fronte a questo quadro, Legambiente e Cnr-Iia propongono un Piano nazionale per la transizione ecologica delle isole minori. Un piano strutturato, flessibile e basato su quattro pilastri: energia pulita, gestione sostenibile delle risorse naturali, innovazione digitale e turismo sostenibile. Tra le azioni proposte: connessione alla rete elettrica per le isole vicine alla terraferma e microgrid intelligenti per le altre, diffusione di fonti rinnovabili alternative come eolico e moto ondoso, e sviluppo delle Comunità Energetiche Rinnovabili.
Sul fronte idrico si punta a potenziare dissalatori e sistemi di raccolta dell’acqua piovana, mentre la digitalizzazione deve garantire connettività ultraveloce e strumenti per il monitoraggio ambientale. Infine, il turismo va ripensato in chiave sostenibile, con servizi garantiti tutto l’anno e una promozione centrata su identità, tradizioni e biodiversità locale. Le isole hanno tutto il necessario per diventare laboratori di innovazione ambientale, ma serve una visione a lungo termine, condivisa e finalmente operativa.