9 Luglio 2025
/ 8.07.2025

Italia sotto assedio, 100 mila fulmini in 48 ore

L’estate estrema mette l’Italia alla prova. L’aria calda e umida sale rapidamente, incontra strati freddi in quota e dà origine a temporali carichi di energia elettrica, con grandinate violente e venti distruttivi. Ma il governo non si accorge della crisi climatica

In 48 ore l’Italia è stata colpita da un fenomeno atmosferico eccezionale: oltre 100 mila fulmini hanno illuminato il cielo, accompagnati da grandinate, raffiche di vento superiori ai 130 chilometri orari e temporali devastanti. È l’ennesima faccia della crisi climatica che sta alterando in profondità la nostra estate con un ciclo che tende a ripetersi: onde calde sempre più lunghe, cambiamenti improvvisi e violenti, alluvioni e venti estremamente intensi. L’alternarsi di questi aspetti non è in sé una novità. La novità è la misura, la scala che assumono questi fenomeni. Il passaggio dai temporali di fine agosto alle alluvioni che mettono in ginocchio intere regioni e alle trombe d’aria che spaventano le città, fanno volare via alberi e macchine.

Un condizionatore e passa la paura?

È un salto che fa paura. Ma non a tutti. Quello che colpisce è la distanza tra i commenti ufficiali e le spiegazioni degli esperti e degli scienziati. Stando ai silenzi del nostro governo si dovrebbe dedurre che per stare tranquilli basterebbe comprare un ombrello migliore e un buon ventilatore. E Marine Le Pen infatti lo ha esplicitato: “È ora che la Francia implementi un importante piano per le apparecchiature di condizionamento dell’aria. Lo lancerò non appena entreremo in carica”.

Un buon condizionatore e passa la paura. Che poi questo condizionatore sia alimentato con elettricità che viene in buona parte ancora dai combustibili fossili. Che le destre abbiano lanciato un’offensiva per rallentare il Green Deal e dunque la diminuzione della quota di combustibili fossili nel mix elettrico. Che le medesime destre ospitino nei loro ranghi fior di negazionisti climatici. Tutto questo resta ai margini del dibattito. Come se l’anomalia climatica che ci prende alla gola fosse un giudizio divino e non l’effetto di una scelta umana, quella di fondare il nostro sistema produttivo sui combustibili fossili e sulla deforestazione.

Ma c’è un limite a quello che la disinformazione di Stato può fare, anche se è lo Stato più potente del mondo. Trump ha tagliato i fondi alla ricerca scientifica e messo il bavaglio climatico ai siti federali, però il cambiamento è troppo forte per essere negato. Gli scienziati spiegano che l’aumento medio delle temperature di 1,5 gradi registrato negli ultimi 150 anni è solo la punta dell’iceberg. In alcune zone del pianeta, come il bacino del Mediterraneo, l’anomalia è molto più marcata: raddoppia. E il mare immagazzina il calore.

Il Mediterraneo che bolle e i temporali tropicali

L’acqua del Mediterraneo, tradizionalmente temperata, ha raggiunto temperature degne di un mare tropicale. In alcune zone, soprattutto nel Tirreno e nel Mar Ligure, sono stati rilevati valori intorno ai 30 gradi. Questo significa che una quantità enorme di energia termica è stata immagazzinata nell’acqua, pronta a trasferirsi all’atmosfera sotto forma di vapore.

Quando l’aria calda e umida sale rapidamente, incontra strati più freddi in quota e dà origine a temporali intensi, carichi di energia elettrica, capaci di produrre grandinate improvvise, venti distruttivi e precipitazioni torrenziali in poche decine di minuti. Sono fenomeni che somigliano sempre di più a quelli delle regioni tropicali, ma che oggi colpiscono Milano, Roma o Bologna con una frequenza e una violenza che fino a pochi anni fa sarebbero sembrate impossibili.

Dalla siccità al diluvio, un clima schizofrenico

Lo schema si ripete con inquietante regolarità: lunghi periodi di caldo intenso, alimentati da masse d’aria africana, si chiudono con eventi meteo estremi. Il caldo infatti fa accumulare energia nell’atmosfera, il mare fornisce il carburante sotto forma di umidità, e il risultato è un’esplosione di fenomeni convettivi che mandano in tilt città, campagne, infrastrutture. Le nostre reti fognarie, pensate per una piovosità moderata e distribuita nel tempo, non reggono le piogge torrenziali che si concentrano in mezz’ora. Intere aree urbane diventano laghi, gli alberi crollano, i tetti vengono scoperchiati, le auto distrutte dalla grandine, le linee ferroviarie interrotte.

La crisi climatica vista dal basso

Di fronte a questa minaccia l’Italia resta impreparata. Servirebbero città più verdi, con alberi e aree permeabili capaci di mitigare il calore e assorbire l’acqua; piani di adattamento urbanistico e idraulico per rendere le nostre infrastrutture più resilienti. Qualche città comincia a reagire. Ma la reazione istituzionale a livello governativo è lenta, frammentata, in ritardo rispetto alla realtà che cambia.

Eppure le soluzioni esistono. Gli studi mostrano che il verde urbano può abbassare le temperature locali di diversi gradi, riducendo al tempo stesso il rischio idrogeologico. Interventi come la riforestazione urbana, la creazione di tetti verdi, la sostituzione dell’asfalto con materiali drenanti sono strumenti pratici per convivere con un clima sempre più aggressivo. E il taglio delle emissioni serra è la via maestra per ridurre il rischio evitando il peggioramento della situazione.

Nulla di tutto ciò è al centro dell’azione di governo. Si parla d’altro. E spesso si agisce per andare in direzione opposta, verso l’aumento del rischio climatico.

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