29.11.2024
Un professore al dipartimento di macchine adattive dell’Università di Osaka realizza una replica robotica esatta di sé stesso. Quella della macchina dalle fattezze umane è una realtà con la quale appacificarsi. L’impiego di robot collaborativi registrerebbe una crescita della produttività del 60%, a fronte di una riduzione dei costi del 40%.
«L’uomo bicentenario» è un film del 1999 diretto da Chris Columbus, basato sul romanzo di Isaac Asimov “Robot NDR-113”, con Robin Williams come protagonista. La storia è quella di Andrew Martin, uno dei primi prototipi di robot dalle sembianze umanoidi, acquistato dalla famiglia Martin per essere impiegato come maggiordomo. Quella della macchina dalle fattezze umane capace di svolgere compiti complessi è una fantasia che per lungo tempo ha popolato racconti di fantascienza, con esiti più o meno distopici, utile a porre quesiti etici sull’impiego delle tecnologie e la disumanizzazione. Una fantasia, dicevamo, ma che diventerà presto realtà visto che i robot umanoidi stanno per fare il loro ingresso nelle nostre case: tra 5 o 10 anni al massimo, secondo le stime.
Nel breve periodo gli automi intelligenti saranno in grado di comprendere e agire, svolgendo non solo le mansioni domestiche come il maggiordomo interpretato da Robin Williams, ma anche di lavorare in fabbrica o in attività commerciali. Tutto ciò sarà reso possibile dalla combinazione di movenze umane e dall’interazione verbale basata sui large language model che stanno alla base delle IA generative già di uso quotidiano. Sono tecnologie sempre più raffinate, in grado di imitare via via con maggior precisione le movenze e l’interazione umana. Secondo Arash Ajoudani, direttore del Laboratorio HRII-Human Robot Interaction and Interfaces, l’impiego di robot collaborativi farebbe registrare una crescita della produttività del 60%, a fronte di una riduzione di costi del 40%.
Insomma, pensare a una macchina dalle sembianze umane capace di svolgere piccoli lavori non deve farci più paura, anche perché è già una realtà. Hiroshi Ishiguro, professore al dipartimento di macchine adattive dell’Università di Osaka, ha realizzato una replica robotica esatta di sé stesso, teorizzando così l’avvento di una “Human robot symbiotic society”, una simbiosi tra persone, robot e avatar. Nei magazzini di Amazon viene da tempo impiegato Digit, un robot bipede in grado di svolgere compiti logistici. Inoltre grazie alla partnership con il produttore di microchip Nvidia, che si occupa di potenziare le capacità di apprendimento dei robot umanoidi, le sue abilità potrebbero presto accrescersi. Il robot Figure 01 è già in grado di svolgere una vasta gamma di compiti gravosi in vari settori industriali e presto potrà iniziare a sviluppare un linguaggio grazie ai modelli di linguaggio GPT elaborati da OpenAI.
Gli esempi di robot umanoidi in grado di apprendere e svolgere mansioni potrebbe essere ancora lungo e destinato ad accrescersi ancora dal momento che gli investimenti nel settore sono in aumento. Le stime prevedono una crescita che va da 1,8 miliardi di dollari del 2023 a oltre 13 miliardi entro il 2028. Nel film di Chris Columbus, il robot Andrew sviluppa abilità tecniche superiori a quelle degli umani e una proprietà di linguaggio ineccepibile: la direzione in cui si sta muovendo il settore è proprio questa. Nella pellicola però l’automa sviluppa anche la possibilità di provare emozioni e sentimenti annullando, di fatto, le differenze con gli umani. Un aspetto, questo, che appartiene ancora al mondo della fantascienza, e si spera che resti così ancora a lungo.