3 Dicembre 2025
/ 3.12.2025

La Polonia dice basta alle pellicce

La Polonia chiude con l’era delle pellicce. Con la firma del presidente Karol Nawrocki, il Paese — per anni gigante mondiale del settore — mette fuorilegge l’allevamento di animali destinati alla produzione di pelliccia. Non un dettaglio: parliamo del secondo produttore mondiale dopo la Cina e del principale in Europa. Ogni anno circa tre milioni di visoni, volpi, cani procione e cincillà venivano allevati e uccisi nelle campagne polacche. Ora la pratica avrà una data di scadenza.

Il divieto, approvato dal Parlamento nelle scorse settimane, segna una svolta politica sostenuta da un fronte insolitamente trasversale. Arriva anche sulla scia di un pronunciamento dell’Efsa che ha messo nero su bianco ciò che le associazioni animaliste denunciano da anni: la sofferenza negli allevamenti da pelliccia non è un incidente, è strutturale. Gabbie metalliche minuscole, privazione cronica dei comportamenti naturali, stress, mutilazioni. In breve: un modello incompatibile con qualsiasi standard di benessere animale.

A dare ulteriore spinta è stata l’Iniziativa dei Cittadini Europei “Fur Free Europe“, firmata da un milione e mezzo di persone, che obbliga la Commissione UE a prendere posizione. La risposta ufficiale arriverà entro marzo 2026, ma il voto polacco crea un precedente ingombrante nella discussione europea.

Un settore che si restringe

Con questa decisione, la Polonia diventa il 18° Stato dell’Unione a imporre un divieto totale. Il fronte dei Paesi che resistono — Finlandia, Danimarca, Spagna, Ungheria, Grecia — si assottiglia sempre di più. I numeri però non sono trascurabili: nell’UE restano ancora attivi quasi 1.200 allevamenti, da cui provengono più di 6 milioni di animali l’anno.

Il governo polacco ha scelto una transizione graduale: i 200 allevamenti attivi avranno tempo fino al gennaio 2034 per chiudere definitivamente. Ma i conti economici potrebbero accelerare la fine del settore. Sono previsti risarcimenti crescenti per chi chiude nei primi cinque anni dall’entrata in vigore del divieto: più si esce in fretta, più si viene compensati.

Animali, ambiente e salute: un sistema che non regge più

La battaglia degli animalisti non si limita alla crudeltà delle gabbie. Gli allevamenti da pelliccia sono stati più volte al centro di rischi sanitari: centinaia di focolai di Covid-19 nei visoni, casi di trasmissione interspecie, contagi da influenza aviaria ad alta patogenicità. Solo in Europa i virus rilevati negli allevamenti di visoni, volpi e cani procione hanno portato all’abbattimento di circa mezzo milione di animali per motivi di salute pubblica.

Il peso ambientale è altrettanto inquietante. Secondo i calcoli di Humane World for Animals, l’impronta carbonica di 1 kg di pelliccia di visone (309,91 kg di CO₂ equivalente) è 31 volte superiore a quella del cotone, 26 volte superiore a quella dell’acrilico e 25 volte superiore a quella del poliestere. Anche le pellicce di cane procione e di volpe hanno un’impronta carbonica elevata: il loro impatto sul clima è circa 23 volte superiore a quello del cotone e 18 volte superiore a quello del poliestere

Il fatto è che la moda stessa si è già mossa. Le grandi maison — da Gucci a Prada, da Valentino a Saint Laurent — hanno abbandonato la pelliccia da tempo. Oltre 1.600 brand nel mondo adottano politiche fur-free, riconoscendo che la pelliccia è diventata un materiale difficile da difendere: eticamente, ambientalmente e persino commercialmente.

Un effetto domino europeo?

Humane World for Animals, che da anni lavora in Polonia con gruppi come Otwarte Klatki e Viva!, considera la firma di Nawrocki un risultato storico e un potenziale punto di svolta. Il divieto di Varsavia potrebbe infatti incidere sulla discussione a Bruxelles e imprimere nuovo slancio alla richiesta di vietare l’intera filiera in tutta l’Unione.

Non è solo una vittoria per gli animali. È l’ennesimo segnale che pratiche nate nel secolo scorso non reggono più davanti ai dati scientifici, ai costi ambientali e alla sensibilità culturale di oggi. La Polonia, paradossalmente uno dei Paesi che più ha beneficiato della stagione della pelliccia, è diventata il Paese che la manda in soffitta. E non sarà l’ultimo.

CONDIVIDI
Autobus
Diga

Continua a leggere