06.03.2025
La sfida per la competitività passa per le rinnovabili

È un’Europa vulnerabile quella dipinta dal sesto rapporto annuale “Med & Italian Energy Report”, presentato al Parlamento europeo: negli ultimi 25 anni ci sono stati sforzi significativi sul fronte energetico, con il mix di rinnovabili che ha registrato un aumento dal 15% del 2000 al 45% del 2023. Ma sono sforzi che non bastano, perché l’Unione europea è rimasta la grande economia mondiale con maggiore dipendenza dalle importazioni di energia.
Secondo i dati, nello specifico, i Paesi Ue importano il 58,3% dell’energia necessaria a soddisfare il proprio fabbisogno, in contrasto con realtà come gli Stati Uniti che risultano essere autosufficienti.
Le radici storiche della dipendenza energetica europea
Dati, questi, che però non devono sorprendere. La dipendenza energetica dell’Europa, infatti, è un fenomeno storico che si intreccia con scelte economiche, politiche e geostrategiche che hanno radici che affondano nel secondo dopoguerra. Durante gli anni della Guerra Fredda, mentre i Paesi dell’Est erano energeticamente dipendenti dall’Unione Sovietica, i Paesi dell’Ovest lo erano dalle regioni del Medio Oriente e dell’Asia centrale per risorse come gas e petrolio.
Un primo passo verso una maggiore indipendenza arrivò a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta con la nascita della Comunità economica europea; tuttavia, nonostante questi sforzi, la forte concorrenza internazionale e le necessità di industrializzazione spinsero i Paesi a ricorrere a importazioni massicce, alimentando così la dipendenza dall’estero.
La crisi petrolifera degli anni Settanta rappresentò poi un momento di svolta: a causa dell’embargo dei Paesi dell’Opec, l’Europa si trovò a fare i conti con una grave scarsità di risorse , a razionalizzare i consumi energetici e ad attuare politiche di diversificazione. Ma ancora una volta, complice anche la continua crescita della domanda energetica legata all’espansione industriale, non riuscì a rompere il legame con gas e petrolio importati.
La sfida della transizione energetica
Con l’avvento del nuovo millennio, l’Unione europea tentò nuovamente di concentrare gli sforzi sulla creazione di un mercato unico dell’energia, mercato che avrebbe dovuto ridurre la frammentazione del settore e migliorare l’efficienza energetica attraverso una maggiore interconnessione tra i Paesi. Ma anche in questo caso non si risolse la questione della dipendenza dalle importazioni.
Negli ultimi decenni, però, l’accento è stato posto sulle rinnovabili. La rivoluzione verde europea ha visto infatti una forte espansione, con una crescita particolarmente significativa nel settore eolico e fotovoltaico che oggi, insieme, arrivano a coprire il 45% del mix di energia. E questo non è l’unico dato incoraggiante: secondo le previsioni, il ritmo di crescita potrebbe più che raddoppiare entro il 2030, portando finalmente l’Unione europea a un cambiamento strutturale nel suo approvvigionamento energetico.
La crisi dell’Italia
Buone notizie, dunque. Tuttavia è un’Europa che si muove a due velocità. Eccellono, dal punto di vista della minore dipendenza da combustibili fossili, per esempio Spagna e Francia: la prima si conferma il Paese più virtuoso, con il peso delle rinnovabili che nel 2023 ha superato il 50% nel mix elettrico. La Francia invece si affida al nucleare per circa il 70% del proprio fabbisogno elettrico.
Se si dà invece uno sguardo al Bel Paese, si scoprono alcune criticità nel settore energetico. Pur avendo fatto importanti progressi nel campo delle rinnovabili, l’Italia continua a registrare il più alto grado di dipendenza delle importazioni, con un valore che arriva a sfiorare il 75%. Un dato che se rispetto al 2019 è in calo (quando si toccava percentuale 77,5%), conferma però la necessità di fare di più e farlo meglio.
Qualche spiraglio di luce comunque c’è. I numeri sul fotovoltaico, per esempio, sono incoraggianti: con un aumento del 19,3% nella produzione di energia solare nel 2023, l’Italia ha raggiunto un record di produzione che ha permesso di coprire l’11,5% della domanda di elettricità nel 2024. E c’è di più: l’incremento combinato di fotovoltaico ed eolico ha raggiunto l’8,4%, arrivando a soddisfare il 18,6% del fabbisogno elettrico nazionale.
In altri termini, la via per ridurre la dipendenza dalle importazioni è tracciata, e le rinnovabili sembrano il percorso da seguire. Senza però adagiarsi sugli allori: per raggiungere gli obiettivi fissati dal Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) – che prevede una quota di rinnovabili pari al 48% nel 2025 e al 65% nel 2030 – è necessario un impegno maggiore.
Il peso delle dinamiche internazionali
Nel complesso quadro della sfida dell’indipendenza energetica, c’è poi un ultimo fattore rilevante che entra in gioco, ossia l’influenza delle dinamiche internazionali. Da una parte il conflitto russo-ucraino e le tensioni geopolitiche in Medio Oriente; dall’altra la nuova amministrazione Usa, con il neoeletto Donald Trump che sembra voler accentuare la propria politica di esportazione di petrolio e gas verso l’Europa.
Ed ecco perché, ancora una volta, bisogna avere fiducia e investire nelle rinnovabili. Perché solo così, solo con l’autosufficienza energetica, l’Europa e l’Italia avranno il livello di autonomia necessario a migliorare la propria competitività.