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Scienza e tecnologia, Storie

La storia del cervello artificiale del piccolo Sam

17.02.2024

L’esperienza di un cervello artificiale in tenera età, durata 61 ore, diventa un prezioso elemento per capire fino a che livello la capacità della macchina possa apprendere e utilizzare il linguaggio umano durante i suoi primi due anni di vita. Tutto è perfetto, meno per i concetti più astratti.

Gli esperti di intelligenza artificiale dicono che sia ancora una tecnologia bambina che ha molto da imparare, anche se lo fa tremendamente in fretta. E uno dei tratti distintivi dell’AI è proprio la capacità di apprendere e utilizzare il linguaggio umano. Ma fino a dove può spingersi? La domanda se l’è fatta un gruppo di ricercatori della New York University, trovando una parte delle risposte in un esperimento molto umano. Ovvero scoprire se un cervello artificiale sia capace di apprendere il linguaggio umano usando solo l’esperienza dei suoi primi due anni di vita. Senza nessun altro addestramento supplementare

Lo studio finale è stato pubblicato su Science, e l’esito è sorprendente. I ricercatori, in fatti hanno fornito all’intelligenza artificiale un’esperienza simile a quella di un bambino in tenera età. Mettendo in testa a un bambino di nome Sam un caschetto dotato di videocamera, hanno registrato soggettivamente la sua quotidianità dai 6 ai 25 mesi di vita, ma solo un breve periodo di tempo, circa un paio di ore a settimana, è stato destinato a catturarne le attività, costituendo solo l’1% delle ore di veglia di Sam. Eppure, queste 61 ore di registrazione audio/video sono diventate preziose per arrivare a un’educazione della macchina. I dati raccolti sono stati, insomma, presentati a una rete neurale, un modello computazionale ispirato alla struttura del cervello umano. La rete ha assimilato gli stessi stimoli visivi e uditivi che Sam ha sperimentato durante il periodo di registrazione: oggetti, persone, parole pronunciate dai genitori e descrizioni di varie esperienze. E gli audio trascritti hanno prodotto un campione di 250.000 parole, corrispondenti ad altrettante immagini catturate dalla videocamera: utilizzando un metodo di apprendimento contrastivo, la rete neurale è stata in grado di associare le parole alle immagini con una precisione del 62%. Dimostrando una notevole capacità di apprendimento basata sull’esperienza visiva e uditiva.

Tuttavia, e questo ci lascia ancora un po’ di spazio, non tutto è stato perfetto. L’AI ha incontrato delle difficoltà nel comprendere concetti più astratti, come per esempio quello di “giocattolo”. Inoltre, ha avuto notevoli difficoltà nel riconoscere e nominare parti del corpo umano, come le mani, e questo potrebbe essere dovuto al fatto che queste parti del corpo non sono state frequentemente menzionate nei video o che non sono state presenti in modo significativo durante le registrazioni. In ogni caso, i risultati pongono interessanti domande sul modo in cui l’intelligenza artificiale apprende il linguaggio e il mondo circostante: sebbene abbia dimostrato una notevole capacità di apprendimento basata sull’esperienza, è chiaro che ci sono ancora limiti significativi nel suo modo di comprendere concetti astratti e parti del corpo umano. Tuttavia, lo studio apre la strada a ulteriori ricerche che potrebbero portare a sviluppi ancora più avanzati, e la domanda che resta nell’aria è che cosa poi potrebbe diventare quel bambino (non ancora) intelligente una volta diventato adulto.

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