06.11.2024
Vince la preoccupazione sui temi della sicurezza dei confini e dell’economia. Vince la percezione di una realtà alimentata da un abile uso dei social media e forse dalla influenza di attori esterni. A Kamala Harris non è bastato puntare sui diritti e la libertà. Con lei perde il blocco elettorale democratico messo insieme da Roosevelt nel 1932.
Donald Trump ha dichiarato vittoria nelle elezioni presidenziali. Ha potuto farlo quando ancora non aveva raggiunto i 270 voti elettorali che garantiscono l’elezione, perché il divario è apparso incolmabile. In pratica con la conquista della Pennsylvania, Kamala Harris avrebbe dovuto vincere tutti gli Stati ancora in palio: tecnicamente possibile, statisticamente meno che improbabile.
Si è conclusa così, con molto meno pathos della campagna elettorale stessa, la corsa alla Casa Bianca. Il tempo dirà quali siano stati i fattori decisivi nella sua affermazione, ma è chiaro che con la vittoria nelle presidenziali e al Senato, il partito repubblicano ha una opportunità rarissima per poter applicare rigidamente il proprio programma elettorale. A Kamala Harris e ai democratici non è bastato puntare su diritti e libertà. I cittadini sembrano più preoccupati dei temi quali sicurezza dei confini ed economia, senza accontentarsi delle statistiche che li danno come in evoluzione più che positiva. La percezione, alimentata anche da un abile uso dei social media e forse dalla influenza di attori esterni, ha assicurato la vittoria a Trump. Un altro fattore piuttosto chiaro è lo sfaldamento definitivo del blocco elettorale democratico messo insieme da Roosevelt nel 1932.
Non si può più dare per scontato che i colletti blu, peraltro in via di estinzione, votino democratico. Anche i nuovi cittadini, di recente immigrazione, tendono ormai a essere conservatori per difendere i successi conseguiti. Restano le donne e le minoranze, in questa reazione spiazzate però dall’antifemminismo degli afroamericani e in parte dei latinos. Da qui alla proclamazione formale e all’insediamento mancano ancora diverse tappe. Il senso del terremoto politico è ancora tutto da decifrare, dentro e fuori dagli Stati Uniti. Che ci sia stato, tuttavia, è innegabile. Prima si comprenderà come affrontarlo, meglio sarà per tutti.