17 Marzo 2025
/ 17.03.2025

Le emissioni globali degli edifici stanno diminuendo, l’Italia fatica a tenere il passo

L’impronta ambientale del settore edilizio a livello globale ha smesso di crescere per la prima volta dal 2020. Ma l’Italia ancora stenta a decollare nella classifica europea segnando un timido miglioramento dal 1990

Meno CO2 in atmosfera, sia per il consumo energetico degli edifici che per le emissioni incorporate nei materiali da costruzione. Lo rivela il Global Status Report for Buildings and Construction 2024-2025, pubblicato dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep) e dalla Global Alliance for Buildings and Construction (GlobalAbc).

Secondo il rapporto, nel 2024 le emissioni globali del settore edilizio hanno visto una riduzione dell’intensità energetica di quasi il 10% dal 2020, mentre la quota di energie rinnovabili nel consumo finale degli edifici è aumentata di circa il 5%.

Nonostante questi progressi, il settore edilizio globale rimane indietro rispetto agli obiettivi climatici. Il 50% dei nuovi edifici nei Paesi emergenti non è ancora soggetto a regolamenti stringenti di efficienza energetica, e gli investimenti in efficienza energetica dovrebbero almeno raddoppiare per raggiungere gli obiettivi di riduzione dell’impatto entro il 2030.

Secondo il rapporto inoltre, il settore edilizio e delle costruzioni è responsabile di oltre un terzo delle emissioni globali di CO₂. Nonostante i progressi compiuti, il ritmo della transizione resta insufficiente e il finanziamento delle misure per la decarbonizzazione è ancora lontano dagli obiettivi: mancano all’appello 1,1 trilioni di dollari di investimenti.

“La buona notizia è che le azioni messe in campo dai governi stanno funzionando, ma dobbiamo fare di più e più velocemente” ha dichiarato Inger Andersen, direttrice esecutiva dell’Unep. “Gli edifici in cui lavoriamo, facciamo acquisti e viviamo rappresentano un terzo delle emissioni globali e un terzo dei rifiuti prodotti a livello mondiale. È fondamentale che tutti i Paesi includano misure per ridurre rapidamente le emissioni del settore edilizio nei loro piani climatici”.

Le emissioni si sganciano dalla crescita del settore

Dall’Accordo di Parigi del 2015, le emissioni del settore edilizio hanno continuato a crescere di pari passo con l’espansione del settore. Tuttavia, il 2024 segna il primo anno in cui questo legame si è spezzato: la costruzione di nuovi edifici è aumentata, ma senza un incremento proporzionale delle emissioni.

Questo risultato è stato possibile grazie all’adozione di regolamentazioni energetiche più rigorose, all’incremento dell’efficienza energetica e all’aumento della quota di energie rinnovabili nel consumo totale degli edifici. Dal 2020, l’intensità energetica del settore è diminuita di quasi il 10%, mentre la quota di rinnovabili è cresciuta di circa il 5%.

Il rapporto indica anche altre misure efficaci per ridurre ulteriormente le emissioni, come l’uso di materiali da costruzione a basse emissioni, la promozione dell’economia circolare, il riutilizzo dei materiali e la riqualificazione energetica degli edifici esistenti.

Il gap tra gli obiettivi climatici e gli investimenti necessari

Nonostante questi progressi, il settore edilizio resta uno dei principali responsabili della crisi climatica, consumando il 32% dell’energia globale e contribuendo al 34% delle emissioni globali di CO2. Il problema principale è la mancanza di investimenti sufficienti. Oggi si investono circa 270 miliardi di dollari all’anno in efficienza energetica nel settore edilizio, ma per rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi servirebbe almeno il doppio, arrivando a 522 miliardi di dollari entro il 2030.

Inoltre, il 50% degli edifici di nuova costruzione nei Paesi emergenti non è ancora coperto da regolamenti energetici adeguati, rallentando il processo di decarbonizzazione. Alcune tecnologie chiave, come le pompe di calore, stanno vedendo una riduzione nelle installazioni, segnando un’inversione di tendenza preoccupante.

Per questo, l’Unep e GlobalAbc lanciano una sfida ai governi: adottare regolamenti edilizi a zero emissioni per i nuovi edifici entro il 2028 nei Paesi a più alte emissioni, ed estenderli a tutti gli altri entro il 2035. E forse l’Italia è uno dei Paesi a cui questo appello viene rivolto direttamente.

Le emissioni degli edifici in Italia, un quadro meno rassicurante

Se a livello globale le emissioni degli edifici hanno finalmente smesso di crescere, in Europa la  situazione è più variegata. I dati più recenti della Commissione Europea mostrano un calo delle emissioni del settore edilizio pari al 42% dal 1990 al 2023, con differenze significative tra i vari Paesi. Alcuni Stati membri hanno raggiunto riduzioni particolarmente elevate, come la Svezia, la Lituania e la Bulgaria, che hanno abbattuto le emissioni edilizie di oltre l’80%. Altri Paesi, come la Repubblica Ceca, la Danimarca e la Slovacchia, hanno registrato cali superiori al 60%, mentre Germania e Francia hanno raggiunto rispettivamente il 48% e il 39%.

L’Italia, invece, ha ridotto le emissioni del settore edilizio solo del 13% nello stesso periodo, posizionandosi tra i Paesi con i risultati peggiori, ben al di sotto della media UE. Peggio ancora, Paesi come Spagna e Cipro hanno addirittura aumentato le emissioni nel settore edilizio, mentre il Lussemburgo è rimasto pressoché stabile.

Questa situazione riflette un problema strutturale legato alla mancanza di una strategia stabile e di lungo periodo. il settore edilizio italiano è bloccato in un continuo stato di incertezza, causato dall’instabilità normativa che lo caratterizza da quasi vent’anni. Le regolamentazioni per la riqualificazione energetica hanno avuto orizzonti di pochi anni, in alcuni casi di appena uno, costringendo imprese e cittadini ad attendere ogni volta la nuova legge finanziaria per sapere quali incentivi saranno disponibili.

L’assenza di una visione a lungo termine ha frenato gli investimenti e impedito una transizione efficace verso edifici più efficienti. Il settore edilizio italiano non è riuscito a innescare una trasformazione strutturale. La diffusione delle pompe di calore rimane limitata, mentre gli impianti a gas fossile continuano a essere prevalenti. Anche le nuove costruzioni spesso non rispettano standard energetici avanzati, a causa di regolamentazioni meno stringenti rispetto ai Paesi europei più virtuosi.

Se l’Italia vuole davvero contribuire alla decarbonizzazione, è necessario un cambio di approccio. Servono regolamenti chiari e stabili nel tempo, che diano certezze agli investitori e rendano obbligatori standard elevati di efficienza energetica. Solo così il Paese potrà colmare il divario con il resto d’Europa e rispettare gli obiettivi climatici fissati per il 2030.

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