5 Settembre 2025
/ 5.09.2025

L’eredità green di Giorgio Armani

Dal Armani/Values lanciata in occasione della Giornata mondiale della Terra alla neutralità carbonica di Armani Beauty: la lezione di Giorgio Armani unisce eleganza e responsabilità verso il pianeta

Quando nel 2022, in occasione della Giornata mondiale della Terra, Giorgio Armani lanciò Armani/Values, molti pensarono a un’operazione d’immagine. In realtà, quell’iniziativa era la sintesi di un percorso che lo stilista aveva intrapreso da tempo e che avrebbe segnato il modo in cui il suo nome sarebbe stato ricordato. Oggi, mentre il mondo saluta Armani, è chiaro quanto quelle scelte abbiano pesato: non solo per il suo gruppo, ma per l’intero sistema moda.

Nell’intervista al Corriere della Sera in cui presentava il progetto, Armani non usò giri di parole: “Dobbiamo lottare per le generazioni future”. Un impegno che non aveva nulla di retorico. Tre erano i pilastri: pianeta, persone e prosperità. Pianeta come responsabilità ambientale, persone come valorizzazione del capitale umano, prosperità come restituzione alla comunità. Per Armani estetica e stile non potevano esistere senza etica e responsabilità.

Negli anni successivi, quelle parole si sono trasformate in azioni concrete. Basti pensare al progetto ForestaMi, con cui contribuì a piantare 110 mila alberi a Milano, o alla promessa che Armani Beauty diventasse carbon neutral entro il 2025, con forte anticipo rispetto alle scadenze globali. Nel 2023, assieme al nipote Andrea Camerana, consigliere delegato alla sostenibilità del gruppo, lanciò un’iniziativa in Puglia per coltivare cotone rigenerativo, inserendosi in un filone pionieristico che oggi è modello di riferimento per l’intera filiera tessile.

Non era la prima volta che Armani si metteva in controtendenza. Nel 2016 aveva detto addio alle pellicce, quando ancora molti colleghi esitavano. Durante la pandemia del 2020 aveva scelto di ridurre la produzione e tornare a un concetto di moda più sobrio e durevole, mentre le sue aziende riconvertivano parte della produzione per realizzare dispositivi sanitari. Ogni volta la sua voce si alzava con discrezione, ma con un peso che solo la sua autorevolezza poteva garantire.

Nell’intervista del 2022 spiegava anche che la moda totalmente sostenibile è un’utopia, ma un’utopia necessaria, con cui convivere e per cui lottare: “Non possiamo limitarci al profitto – diceva – dobbiamo chiederci come i profitti vengono generati”. In quella frase si riconosce la sostanza della sua eredità: un lusso che non si misura soltanto in collezioni e fatturati ma nella capacità di lasciare un segno positivo sulla società.

Non a caso, nel 2022, durante la Milano Fashion Week, gli venne assegnato il Visionary Award dei CNMI Sustainable Fashion Awards, consegnato da Cate Blanchett. Un riconoscimento non tanto alla sua carriera, quanto alla sua capacità di guardare avanti, oltre i confini tradizionali della moda.

Oggi che Armani non c’è più, resta la sua lezione: la moda può continuare a produrre bellezza senza rinunciare a pensare al futuro. Anzi, deve farlo. “Vorrei essere vissuto come un compagno di viaggio verso un futuro prospero e sostenibile” diceva. È questa l’immagine che lascia di sé: non solo il re dell’eleganza sobria, ma un uomo che ha provato a conciliare lusso e responsabilità, facendo della sua visione un’eredità per le generazioni a venire.

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