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Cronaca, Food

L’Italia diventa il primo Paese al mondo a legiferare contro il cibo sintetico e il “meat sounding”

18.11.2023

Addio, dagli scaffali dei supermercati, ai vari “hamburger di soia”, “bistecca di spinaci”, a tutti quei prodotti di derivazione sintetica, che non contengono proteine animali “vere”. L’iniziativa si inserisce in un contesto condiviso a livello europeo e va oltre, vietando denominazioni “improprie”. Cosa sta succedendo.

Il Parlamento italiano ha votato: il ddl “Lollobrigida” sul divieto del cosiddetto “cibo sintetico” è legge. Con il voto a favore della Camera, dopo quello del Senato, nel luglio scorso, il nostro Paese diventa così l’unico al mondo con un simile provvedimento, che prevede sanzioni amministrative fino a 7.500 euro. In settembre, la Commissione Agricoltura europea aveva bocciato un paragrafo della Risoluzione sulle colture proteiche (cioè soia, girasole, pisello proteico etc), in cui si faceva riferimento a prodotti innovativi su base cellulare.
La risoluzione si era resa necessaria a causa della carenza di mangimi e altre materie prime alimentari, sia per la guerra in Ucraina sia per la crisi climatica che sta colpendo Paesi chiave per la produzione di questi prodotti e la proposta parlamentare prevedeva anche il ricorso a proteici “creati” in laboratorio. Ma i membri di Comagri hanno detto “no”.

L’iniziativa italiana si inserisce quindi in un contesto condiviso a livello europeo, ma nessun Paese aveva ancora legiferato in materia. E va oltre, vietando denominazioni “improprie”. “La legge ha la finalità di tutelare il patrimonio zootecnico nazionale – si legge all’articolo 1 -, riconoscendo il suo elevato valore culturale, socio-economico e ambientale, nonché un adeguato sostegno alla sua valorizzazione, assicurando nel contempo un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori e il loro diritto all’informazione”.

Dalla sua pubblicazione in Gazzetta, in Italia sarà vietato, per denominare un prodotto trasformato contenente proteine vegetali, l’uso di denominazioni legali riferite alla carne, a una produzione a base di carne o a prodotti ottenuti in prevalenza da carne; riferimenti a specie animali o a gruppi di specie animali o a una morfologia o a un’anatomia animale; terminologie specifiche della macelleria, della salumeria o della pescheria; nomi di alimenti di origine animale rappresentativi degli usi commerciali. Addio quindi, dagli scaffali dei supermercati, ai vari “hamburger di soia”, “bistecca di spinaci” e così via. E, soprattutto, addio a tutti i prodotti di derivazione sintetica, che non contengono proteine animali “vere”, bensì moltiplicate in laboratorio.

Nel rispetto delle norme del Mercato unico, il testo di legge specifica che “i prodotti legalmente realizzati o commercializzati in un altro Stato membro dell’Unione europea non sono soggetti ai requisiti previsti dalla legge, a condizione che (…) rispettino l’articolo 1, e siano riconosciuti dalle disposizioni dello Stato di origine”. L’ultimo articolo della legge si concentra sui divieti (È vietato detenere per la vendita o la distribuzione a titolo gratuito nonché vendere o distribuire gratuitamente prodotti alimentari non conformi alle disposizioni della presente legge”) e sulle sanzioni, che, in caso di attività di impresa e anche di distribuzione gratuita, vanno da 500 a 7.500 euro.

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