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Lavoro

L’Italia regno dei lavoratori autonomi? Un sistema che non regge più

19.11.2023

Cresce l’allarme di un sistema che non sta funzionando. La cancellazione dalle casse previdenziali dei lavoratori autonomi raggiunge il 2% all’anno. Per un decennio il numero di professionisti in Italia stava crescendo a dismisura, ma ora sono sempre meno le persone disposte a fare questa scelta.

Il lavoro autonomo continua a essere ampiamente diffuso in Italia, dato che costituisce il 28,5% della popolazione attiva del Paese a livello professionale. Se, però, tempo fa rappresentava una libera scelta, e poi si è tramutato per molti in un passaggio obbligatorio, i fenomeni più recenti parlano di un’appetibilità sempre minore di questa soluzione. Soprattutto per i giovani, che sembrano sempre più tentare di “scappare” dalla libera professione.

A rilevarlo è un rapporto di Confprofessioni (Confederazione italiana libere professioni), che ha spulciato i dati di Adepp (Associazione degli enti previdenziali privati). Questi ultimi evidenziano come il lavoro autonomo abbia perso prepotentemente appetibilità: si sta infatti registrando un ritmo di cancellazione dalle casse previdenziali del 2% all’anno, e anche chi è alla prima occupazione vira altrove. Nel 2021, per esempio, i neolaureati che si sono concentrati sulla libera professione erano il 7,2% in meno rispetto all’anno prima. Un fenomeno tutto italiano in passato, un fenomeno tutto italiano ora. Se, infatti, il nostro è stato il Paese dei liberi professionisti per antonomasia, quantomeno in Europa, forse il mercato si è nel tempo saturato. E chi cerca un nuovo lavoro, o condizioni di vita dignitose, se n’è reso conto. «Il mondo professionale rispetto a qualche anno fa non è più così appetibile. E infatti solo il 28% di chi si laurea punta a diventare professionista. E questa percentuale è destinata a scendere ulteriormente», ha osservato a Forbes Italia il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella.

Ci sono anche spiegazioni, che, come detto, partono da lontano. Spiega Stella: «I professionisti sono fondamentali per la crescita del sistema Paese. Forniscono assistenza e supporto a pubblica amministrazione, imprese, ma anche ai singoli cittadini. Però in Italia i lavoratori autonomi sono cresciuti in maniera esponenziale negli ultimi dieci anni. Basti dire che in Europa siamo il Paese che ha il numero più alto di professionisti in relazione a quello degli abitanti». E questo ha inevitabilmente delle conseguenze: «Una proliferazione così massiccia ha impedito ulteriori crescite. Ma adesso le previsioni per il futuro sono addirittura allarmanti. Un giovane, una volta, sceglieva la libera professione come sbocco naturale dopo gli studi. Si laureava, per esempio in Giurisprudenza o Economia, e andava a fare l’avvocato o il commercialista. Ora questo automatismo si sta abbastanza perdendo», ha sottolineato Stella.

Il fenomeno, secondo le sue parole, ha due cause principali: la formazione universitaria (che «non risponde più alle esigenze attuali del mercato») e la monumentale burocrazia tutta italiana («Si continua a parlare di semplificazione, ma non la si realizza mai»). Per questo Confprofessioni punta a garantire l’accesso agli incentivi per i liberi professionisti, l’equiparazione tra imprese e lavoratori autonomi e l’assistenza sanitaria integrativa. Tre punti cardine per far tornare attrattivo un settore del mondo del lavoro che ormai è diventato addirittura respingente.

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