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Lo scudetto del calcio ridiventa l’oro di Napoli

30.04.2023

Dopo i due titoli nel segno di Maradona, all’ombra del Vesuvio arriva quello della nuova era del fairplay finanziario.

Trentatré anni fa era l’anno dei mondiali in Italia e allo stadio San Paolo era di scena il Napoli di Maradona. Proprio il giorno della partita decisiva contro la Lazio a Napoli, era il 29 aprile del 1990, chi scrive non poté assistervi e scriverne la cronaca a causa di un fastidioso malessere passeggero che interruppe l’assiduità di presenza nella tribuna stampa. Quel giorno il Napoli vinse il suo secondo scudetto. 

Chiusa l’epopea del Pibe de Oro, rimasto per sempre neicuori dei napoletani fino a essere idolatrato nei luoghi simbolo della città partenopea, negli anni a seguire la squadra non è stata mai più così competitiva, con la società arrivata persino al fallimento e a rischiare di scomparire per sempre.  Per fortuna, però, dopo le alterne vicende non felici dei vari Gallo e Naldi, arrivò un certo Aurelio De Laurentiis, che riprese il Napoli per i capelli nell’’aula di un tribunale per riportarlo poi sui campi di gioco, anche se quei campi erano soltanto quelli nobilissimi della serie C. Da allora, da giornalista ma pure tifoso, ho messo la mia penna a disposizione per raccontare la nuova era del calcio partenopeo, giurando a me stesso che avrei seguito il Napoli anche per lavoro, dalla fatidica tribuna stampa. Il mio sogno? Di raccontare un giorno il terzo scudetto e di farlo usando la mia professione. È inutile dire, che vedere il Napoli giocare nei primi anni allo stadio San Paolo, laddove ci aveva fatti sognare il miglior calciatore del mondo, contro Lanciano e Sambenedettese, non era proprio il massimo. La musica, però, è totalmente cambiata con Adl, che non tutti amano a Napoli, ma che da imprenditore, è riuscito a mettere in piedi una società forte finanziariamente, e di conseguenza anche sportivamente, e che lo scudetto del fairplay finanziario ormai l’ha già vinto da tempo, prima di quello sul campo. 

La squadra, prima di tutto, poi la solidità finanziaria;perché no, il profitto anche. Perché se sei un imprenditore e non ti chiami Agnelli, non è detto che tu i soldi voglia o possa solo buttarli dalla finestra, magari li vuoi anche guadagnare. È il principio normale del fare impresa. Ma nel calcio non è mai stato così, chissà perché mai. In questi anni dalla tribuna stampa dello stadio a Napoli, con il sole, ma anche con il freddo e la pioggia battente (quella che cade anche sotto le coperture mal realizzate negli anni ’90, ndr), ho raccontato annate calcistiche buone, come quella in cui il Napoli di Mazzarri arrivò agli ottavi di finale di Champions League, oppure quella con Maurizio Sarri in cui, totalizzando 91 punti, lo scudetto fu scippato da situazioni torbide e mai fino in fondo chiarite. Ma anche quelle meno buone dove il Napoli, però, pur arrancando,non ha quasi mai mancato la qualificazione in Europa. E va pure aggiunto che sul terreno di gioco si sono alternati dei veri campioni con la maglia bianco-azzurra,come Cavani, Higuain, il Pocho Lavezzi, Mertens

Quest’anno, finalmente, il mio sogno si realizza. Lo stadio ora si chiama Diego Armando Maradona, ma la tribuna stampa, seppur rimessa a nuovo pochi anni fa, è sempre la stessa. Il terzo scudetto del Napoli è un traguardo che, dopo il fallimento della vecchia società, era quasi impensabile potesse riconquistato. Ma non sono stati in pochi a crederci. E accade, non a caso, nell’epoca del fair play finanziario. Quando i conti bisogna tenerli in regola, quando Juve, Milan e Inter finanziariamente sono a pezzi e continuano a spendere fior di quattrini e chissà quanti debiti davvero hanno contratto. 

Il Napoli no: da tempo ha già vinto finanziariamente la scommessa. E si appresta giustamente a vincerla anche sportivamente, sul campo, con una cavalcata impressionante. Non di uno o due punti di lunghezza dalla seconda, ma con una distanza a doppia cifra. Perché a Napoli non si è abituati a fare le cose normali. 

E questo scudetto non è sicuramente una cosa normale. Non lo è per chi, dalla tribuna stampa del Diego Armando Maradona, deve raccontare le emozioni che la città già vive per suo conto, colorata come accade solo laddove il calcio lascia un’impronta sociale indelebile, che rappresenta una forma di riscatto morale e regala momenti di felicità collettiva, che solo il popolo napoletano riesce a vivere e manifestare con un coinvolgimento inebriante e fatale. «chest’è», direbbe Luciano De Crescenzo.

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