27 Luglio 2024
Milano, 32°

Memoria, Spettacolo

Maria Callas, iconica immagine milanese, divina voce mondiale

01.12.2023

Maria Callas nella sua abitazione, Milano, ottobre, 1957

Voce fuori dal tempo, una potenza espressiva prorompente, uno stile personale in grado di segnare la svolta nel gusto. Icona del XX secolo, il suo mito viene riletto in chiave contemporanea attraverso il variegato programma d’eventi di Callas 100, come si addice a una regina, protagonista assoluta del mondo lirico e simbolo dell’identità milanese.

Anna Maria Cecilia Sophia Kalogeropoulou, la più famosa e importante soprano dell’epoca moderna, al secolo Maria Callas, nasceva a New York, da genitori greci, il 2 dicembre 1923. La tentazione di cedere all’iperbole e al sublime è palese, ma quando delicatezza, violenza, follia, disperazione e fragilità, si riversano nell’ascolto lungo un fiume di voce diafano ed insieme potente qual il suo, allora ogni resistenza diventa vana. È lei la Divina, l’unica a perturbare animi, scardinare certezze. A tal punto che la figura rimane viva a cent’anni dalla nascita, in quel suo essere sorprendentemente attuale e oggetto di desiderio retroattivo anche per chi melomane non lo è mai stato.

Questa era, ed è, Maria Callas, un’icona di talento in grado di trascendere la propria opera tanto da distaccarsene, diventando modello di stile nella sua costante ricerca della perfezione tecnica e della propria immagine pubblica, una sorta di Odissea sfibrante che, nell’annientarla come donna nella vita reale, l’ha trasformata in mito sulla scena. Dietro quel timbro scuro e gutturale, squarciato da folgori pronto a piegarsi in eroine tragiche, c’era, e c’è un’entità incorporea, che si può solo immaginare (per paradosso) nei falpalà celesti e rosa per Rosina del Barbiere di Siviglia, sotto il mantello di volpe d’Anna Bolena diretta da Gavazzeni, nel kimono in seta per Madama Butterfly, o nei panni di Carmen, Violetta, Medea, interpreti de “La vita è sofferenza, vivere è lottare senza scampo” (cit), come gli anni umili e tristi dell’infanzia nel Bronx e nella Grecia occupata le avevano insegnato. Così, Callas 100, nella trascinante programmazione di eventi artistici, mostre e iniziative, rinsaldando un legame con la città d’elezione (artistica ed umana) si trasforma nell’omaggio di Milano ad una figura come la sua, interprete di memorabili produzioni scaligere (28 spettacoli dal 1950, con 6 inaugurazioni di stagione), nel cuore pulsante di una realtà in crescita.

Il ritratto intimo nel documentario My Callas di Roberto Dassoni al Teatro alla Scala; l’incontro con Pier Paolo Pasolini sul set di Medea (Concita De Gregorio al Piccolo Teatro); Callas Voce Assoluta alla Biblioteca Sormani, nel ricco patrimonio di vinili, libri e dvd delle proprie collezioni (incluse le storiche registrazioni dal vivo al Teatro alla Scala tra il 1951 e il 1958): le tessere di un universo solo percettibile tra storie e ricordi.

Nella mostra curata da Aldo Grasso, a incuriosire sono le stampe originali dell’Archivio Publifoto nelle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo (fino al 18 febbraio 2024), che in 91 immagini, dal 1954 al 1970, ritraggono la vita della grande artista in scena e quando i fotografi la inseguivano dappertutto per strada, al ristorante, in aeroporto, sul megayacht di Onassis, nell’atelier di Biki, dove lei si vestiva, e che trasformò quella «matrona in visone» (secondo Camilla Cederna), in un modello di stile raffinato ed elegante. Ma è forse il potere evocativo del progetto Fantasmagoria Callas, di Margherita Palli, nel Teatro alla Scala, a tradurre una polifonia di voci, da Alvin Curran con la rielaborazione di registrazioni, a Francesco Vezzoli in sessantatré volti stampati laser su tela, Latifa Echakch e l’impronta fantasmatica tra felicità e dolore, al cortometraggio di Mario Martone con Sonia Bergamasco, fino a Giorgio Armani, che avvolge la sua bellezza spudorata, in un abito rosso fuoco carico di pathos mediterraneo. Maria Callas, il mito, riaccende i cuori.

 

Credito fotografico: Fotografia di Franco Gremignani, Publifoto 24 x 30,40 cm, Archivio Publifoto

Condividi