22 Maggio 2025
/ 22.05.2025

Minerali critici, la soluzione in quattro mosse

Domanda alle stelle, concentrazione estrema, rischi ambientali. Ma esistono contromosse per ridurre il problema. E il report della Iea le elenca

Mentre il mondo accelera verso un’economia elettrica e decarbonizzata, i minerali critici stanno diventando la nuova arena della geopolitica globale. Nel 2024, la domanda globale di minerali critici ha continuato a crescere a ritmi sostenuti, alimentata dalla corsa alla decarbonizzazione. Tuttavia, mentre veicoli elettrici, energie rinnovabili e batterie ridefiniscono le fondamenta del sistema energetico globale, dietro le quinte si rafforza una dinamica meno virtuosa: la concentrazione geografica e geopolitica delle catene di approvvigionamento di questi minerali chiave. Con implicazioni ambientali, economiche e strategiche sempre più evidenti.

Concentrazione e vulnerabilità: l’ombra lunga della transizione

Secondo il più recente rapporto dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (Iea), i tre principali produttori di minerali critici detengono oggi in media l’86% della raffinazione globale e il 77% dell’estrazione mineraria. Cina, Indonesia e Repubblica Democratica del Congo dominano l’intera catena di produzione di nichel, cobalto, grafite e terre rare, consolidando una posizione che rende le economie globali vulnerabili a qualsiasi shock dell’offerta.

Il caso del litio è una parziale eccezione, con segnali di diversificazione da Paesi emergenti come Argentina e Zimbabwe. Tuttavia, nella raffinazione – anello chiave della catena – la Cina mantiene una roccaforte. Basti pensare che due terzi della nuova capacità globale di riciclo delle batterie sviluppata dal 2020 si trova proprio lì.

Geopolitica delle restrizioni: il ritorno delle risorse come arma strategica

Dal 2023, il numero di misure restrittive alle esportazioni è cresciuto esponenzialmente. A dicembre 2024, la Cina ha limitato l’export verso gli Stati Uniti di gallio, germanio e antimonio – minerali vitali per l’elettronica e i semiconduttori – seguiti nel 2025 da tungsteno, tellurio e terre rare pesanti. Anche la RDC ha temporaneamente sospeso l’export di cobalto per sostenere i prezzi.

Il rischio? Un’escalation in stile guerra commerciale che potrebbe bloccare forniture vitali per l’industria verde e compromettere la sicurezza energetica globale. Nel caso di shock prolungati, i prezzi dei pacchi batteria potrebbero aumentare fino al 50%, colpendo direttamente i consumatori e rendendo meno competitiva la mobilità elettrica.

Un paradosso ambientale

Le catene di fornitura dei minerali energetici sono ancora oggi profondamente insostenibili sotto il profilo ambientale. Il 7% della produzione globale di rame è già a rischio a causa di eventi climatici estremi come siccità e inondazioni. Sebbene l’85% delle principali aziende minerarie oggi pubblichi report ambientali, i progressi su indicatori come sicurezza dei lavoratori e gestione delle risorse idriche restano modesti.

La produzione di molti di questi materiali implica inoltre alti impatti locali: consumo d’acqua, degrado del suolo, produzione di rifiuti tossici. E proprio i Paesi più colpiti da questi effetti – spesso in Africa, Asia e America Latina – sono quelli che beneficiano meno del valore aggiunto delle proprie risorse, con un’equazione di giustizia ambientale e sociale tutt’altro che risolta.

Diversificare si può, ma non accadrà da solo

Il mercato, da solo, non correggerà la concentrazione. I costi per avviare nuovi progetti in aree meno sfruttate sono in media superiori del 50% rispetto ai poli esistenti. La soluzione? Politiche pubbliche intelligenti, suggerisce l’Aie. Sistemi di stabilizzazione dei prezzi (come contratti per differenza o cap-and-floor), incentivi legati alla sostenibilità e meccanismi di garanzia dei volumi possono mobilitare investimenti dove oggi regna l’incertezza.

Importante anche l’adozione di standard di sostenibilità per limitare l’accesso al mercato solo ai minerali prodotti in modo responsabile. Ad esempio, incentivi per nichel “pulito” potrebbero ridurre del 7% la concentrazione globale entro il 2035.

Un nuovo patto globale per i minerali critici

La chiave per un futuro più equo e resiliente sta nella cooperazione internazionale. Collegare Paesi ricchi di risorse (come Madagascar, Tanzania, Brasile) con quelli capaci di raffinarle (Germania, Corea, USA) e con i consumatori finali, può spezzare il monopolio di pochi e costruire filiere più trasparenti e sostenibili.

La tecnologia offre inoltre strumenti rivoluzionari: dall’esplorazione basata su intelligenza artificiale alla raffinazione a basso impatto, passando per il riciclo avanzato. Ma anche qui serve coordinamento globale per scalare soluzioni promettenti e affrontare i colli di bottiglia tecnologici.

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